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Dopo un anno dal naufragio di Cutro la procura di Crotone chiude le indagini su errori commessi e ritardo nei soccorsi: sei indagati, tra questi quattro sono finanzieri e due della Guardia Costiera.


CROTONE – Errori su errori. Inerzia su inerzia. Ritardi su ritardi. Dalla mancata attivazione del piano Sar (il Piano per la ricerca ed il salvataggio in mare), probabilmente a causa di uno scambio di informazioni poco trasparente tra Guardia di finanza e Guardia costiera, all’aver ignorato il supporto offerto dalla Capitaneria di porto.
Sarebbero queste le cause all’origine della morte di un centinaio di migranti naufragati in una gelida alba a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023. Ne sono convinti il procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia, e il suo sostituto Pasquale Festa, che hanno fatto notificare a sei ufficiali (quattro della Guardia di finanza e due della Guardia costiera) l’avviso di conclusione delle indagini per le omissioni nei soccorsi. A distanza di un anno e mezzo dallo schianto del caicco Summer Love contro quella maledetta secca, si è chiusa l’inchiesta sul livello istituzionale, condotta dai carabinieri del Reparto operativo di Crotone parallelamente a quella contro i presunti scafisti, che ha già portato a due condanne a 20 anni di carcere col rito abbreviato, mentre pende il rito ordinario per altri tre imputati.

GLI INDAGATI NELL’INCHIESTA DI CUTRO CUTRO SUL RITARDO DEI SOCCORSI

Con l’accusa di naufragio colposo e omicidio plurimo colposo, sono indagati: Giuseppe Grillo, 55 anni, di Vibo Valentia, capo turno della sala operativa del Roan (reparto operativo aeronavale) di Vibo; Alberto Lippolis (49), nato a Cercola (NA) ma residente a Vibo, comandante del Roan, il reparto che era incaricato del monitoraggio dell’’imbarcazione dei migranti e con poteri di avocazione a sé delle operazioni.
Indagati anche: Antonino Lopresti (50), nato a Messina ma residente a Roccella Jonica, ufficiale in comando tattico; Nicolino Vardaro (51), nato a Vibo e residente a Taranto, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto; Francesca Perfido (39), di Nerola (RM), ufficiale di ispezione dell’Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordination Center) di Roma; Nicola Nania (50), nato a Taranto e residente a Reggio Calabria, in servizio presso il V Mrsc di Reggio nella notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsi. Li difendono gli avvocati Giuseppe Barbuto, Marilena Bonofiglio, Pasquale Carolei, Natale Polimeni, Filly Pollinzi, Sergio Rotundo.

L’INCHIESTA SUL NAUFRAGIO DI CUTRO E IL RITARDO DEI SOCCORSI

In seguito all’avvistamento del 25 febbraio, a circa 38 miglia nautiche da Le Castella, da parte dell’agenzia europea Frontex, di un natante, che presumibilmente trasportava migranti «in condizione di buona galleggiabilità», gli indagati qualificarono l’intervento come operazione di law enforcement attribuendo la competenza al Roan di Vibo di cui però non conoscevano le capacità operative.
Nell’avviso di conclusione delle indagini si fa riferimento al «prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare anche rispetto a condotte imprudenti, negligenti e imperite degli scafisti».
Proprio il Roan di Vibo avrebbe dovuto monitorare il “target” per poi intervenire direttamente alle 12 miglia delle acque territoriali al fine di valutare le condizioni di sicurezza del natante e delle persone a bordo, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale del 14 luglio 2003, dall’Accordo tecnico-operativo del 14 settembre 2005 e dal tavolo interministeriale del giugno 2022. Al centro dei parametri fissati dalle norme c’era un dato fondamentale. Da lì in avanti, l’intervento della Guardia Costiera oltre le 12 miglia poteva «essere eseguito solo dichiarando evento Sar».
Se ne è parlato di recente anche perché il giornalista Marco Damilano che conduce la trasmissione “Il Cavallo e la Torre” ha tirato fuori una mail a firma di Gianluca D’Agostino, capitano di vascello e capocentro dell’Imrcc, che richiamava al rispetto delle direttive chiaramente ispirate alle “regole di ingaggio” a cui aveva riferimento anche l’ex comandante della Capitaneria di porto, Vittorio Aloi, uscendo dalla terribile visita al Palamilone di Crotone trasformato in camera ardente. O c’è la dichiarazione di Sar (cioè di pericolo imminente) o i mezzi della Guardia Costiera non devono uscire. Esattamente quello che accadde nella tragica notte di Steccato di Cutro.

LA BURRASCA

I mezzi in dotazione alla Guardia di finanza non poterono intervenire per il maltempo. Il pattugliatore Barbarisi del Roan di Taranto, alle 18 del 25 febbraio, non aveva ancora mollato gli ormeggi a causa delle avverse condizioni meteo marine nella zona in cui era atteso il “target”. La vedetta V 5006 della Sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza, dipendente dal Roan di Vibo, aveva dovuto invertire la rotta per il mare forza 4 con vento di burrasca da sud forza 7 e con previsioni in peggioramento.
La Guardia costiera aveva però dato disponibilità ad impiegare assetti operativi che avrebbero potuto navigare senza difficoltà. Sarebbero state pertanto violate le norme di cui sopra, che peraltro recepivano il regolamento Ue 656/14 secondo cui «se, nel corso di un’operazione marittima, le unità partecipati hanno motivo di ritenere di trovarsi di fronte a incertezza, allarme o pericolo per un natante o qualunque persona a bordo, esse trasmettono tutte le informazioni disponibili al centro di coordinamento soccorso competente».

NELL’INDAGINE DI CUTRO, LE PRESUNTE OMISSIONI DELLA GUARDIA DI FINANZA E IL RITARDO DEI SOCCORSI

Ed ecco le accuse, posizione per posizione. L’ufficiale Lopresti, ricevuto il report di Frontex, avrebbe disposto l’impiego della motovedetta e del pattugliatore «sebbene perfettamente conscio» dell’impossibilità di navigare e del fatto che il servizio del Barbarisi era stato annullato per le cattive condizioni meteo. Avrebbe, pertanto, omesso di valutare la cornice di sicurezza in cui eseguire le operazioni di law enfocrcement.
Inoltre, avrebbe ordinato al capo turno Grillo di «notiziare» la sala operativa di Reggio omettendo di assicurarsi che l’Imrcc o il Mrsc fossero informati delle difficoltà di navigazione. La cosa più grave, forse, è il fatto che alle 00.11, ricevuta l’offerta di ausilio, da parte della Guardia costiera, alle operazioni di law enforcement, nonostante la vedetta della Finanza fosse rientrata in porto, la avrebbe addirittura ignorata.
Così le motovedette della Capitaneria di porto “321” e “326” rimasero ancorate rispettivamente nei porti di Roccella e Crotone. L’ufficiale Lopresti sarebbe rimasto “inerte” anche perché, mentre le condizioni del tempo peggioravano, attendeva che il comandante Vardaro ordinasse l’impiego del pattugliatore Barbarisi alle 2.05, cioè all’ultimo momento utile per intercettare il target in prossimità della costa, a circa tre miglia nautiche anziché all’ingresso delle acque territoriali. Analogamente, il comandante Vardaro, constatata l’”inerzia” di Lopresti, avrebbe omesso di avocare a sé l’operazione e di chiedere supporto alla Capitaneria di porto visto il ritardo accumulato.

LA RICHIESTA DI AIUTO SAREBBE STATA IGNORATA

Dal canto suo, il capo turno Grillo avrebbe omesso di comunicare le difficoltà di navigazione alla sala operativa del Mrsc di Reggio. «Per il momento è un’attività di polizia che stiamo valutando noi… abbiamo una nostra vedetta, la 5006, che l’attenderà mare permettendo». Eppure il responsabile della sala operativa del V Mrsc di Reggio, Domenico Spanò, precisava di poter «avvisare Roccella e Crotone». Ma l’offerta di aiuto sarebbe stata ignorata: «per il momento è un’attività di polizia che gestiamo». Alle 21 la vedetta aveva già invertito la rotta per l’impossibilità di navigare.
L’errore del comandante Vardaro sarebbe stato, invece, quello di ordinare al comandante del pattugliatore Barbarisi di uscire soltanto alle 2.05, sapendo che il target avrebbe fatto ingresso nelle acque territoriali, in base alla rotta calcolata, alle 2.30, in un tratto di mare in cui non aveva alcuna certezza che il mezzo impiegato potesse navigare, per le stesse ragioni che avevano determinato l’annullamento del servizio di pattugliamento.

NELL’INCHIESTA DI CUTRO LE PRESUNTE OMISSIONI DELLA GUARDIA COSTIERA E IL RITARDO DEI SOCCORSI

Gli ufficiali della Guardia costiera Perfido e Nania, avendo ricevuto lo stesso report di Frontex, e quindi potendo immaginare che il natante avvistato fosse un’imbarcazione con a bordo migranti, sfornita di un equipaggio qualificato in condizioni meteo marine particolarmente avverse. E, nonostante l’operatore Spanò avesse percepito un esito incerto delle operazioni della Guardia costiera, avrebbero omesso di acquisire informazioni complete per la corretta qualificazione dell’evento Sar.
«Mi hanno riferito che hanno fuori la 5006, abbastanza sottocosta… ha detto “condizioni meteo permettendo”», dice Perfido nei rapporti esaminanti dagli inquirenti. L’ufficiale di ispezione Nania, invece, pur avendo l’obbligo di tenersi costantemente aggiornato, avrebbe omesso di assicurarsi che la Guardia di finanza localizzasse il natante. Un’inerzia perdurata «fino ai momenti immediatamente antecedenti l’impatto».

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