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Vincenzo Antonio Iervasi

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Nuovi dettagli nell’ambito dell’operazione Mafia dei boschi: dalle rivelazioni del pentito Iervasi, ex boss di Cerva emerge lo svolgimento del summit ad Isola per la pax mafiosa


CATANZARO – «Si è parlato della pace, non doveva succedere nessun omicidio»: continua a “cantare”, l’ex “capo” di Cerva, come si definisce lo stesso Vincenzo Antonio Iervasi, che ha intrapreso da poche settimane un percorso di collaborazione con la giustizia, e alla pm antimafia Veronica Calcagno ha svelato il retroscena della pax mafiosa imposta dalla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto nella montagna catanzarese dopo una faida ultraventennale. Fu la prima riunione di ‘ndrangheta a cui partecipò. Siamo nel 2006, a Isola, «in un albergo sulla 106».

La guerra imperversava tra le famiglie Carpino e Bubbo di Petronà. I cervesi stavano con i Carpino. In rappresentanza delle cosche della Sila c’erano lui, a suo dire, Mario Gigliotti e Domenico Colosimo, pentitisi da poco anche loro, Tommaso Scalzi, Giuseppe Rocca e Raffaele Bubbo. per gli isolitani Paolo Lentini, Franco Gentile e Pino “Tropeano”, nomignolo di Giuseppe Arena scampato all’agguato col bazooka dell’ottobre 2004 in cui invece morì suo cugino Carmine Arena. Un altro summit si tenne a San Leonardo di Cutro, «sulla 106 sempre per la pace», e stavolta c’era anche il boss sanleonardese Giovanni Trapasso.

MAFIA DEI BOSCHI, IL SUMMIT A ISOLA PER SIGLARE LA PAX MAFIOSA

L’input sarebbe venuto dallo storico boss di Marcedusa Franco Coco Trovato, uno dei capi della ‘ndrangheta lombarda, che si sarebbe servito come emissario di Tommaso Scalzi «sceso da Lecco» per «fare questa pace». Ma l’accordo rientrava in un patto di più ampio respiro perché non dovevano più farsi la guerra neanche le cosche di Isola e Cutro e non dovevano esserci più guerre interne a Isola. Siamo negli anni di piombo. Basta guerre, solo “affari”. Gli scontri sanguinosi tra clan rischiavano, infatti, di attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.

La riunione successiva, in un agriturismo ad Andali, con i plenipotenziari della mafia dei boschi, sancì che «su Petronà i Bubbo dovevano vedersela per i boschi e la famiglia Carpino doveva prendere le tangenti sulle imprese di costruzioni». Ormai siamo nel 2013. Iervasi, per esempio, riscuoteva il pizzo imposto per i «lavori al cimitero». A Cerva, a suo dire, non avrebbe imposto estorsioni, ma avrebbe incassato 4mila euro, parte dei proventi di una rapina all’ufficio postale in relazione alla quale diede il placet dopo che Danilo Monti, ormai da collaboratore di giustizia, gli chiese l’autorizzazione per compierla. «Ero il capo su Cerva, Giovanni Sacco era il contabile, sulla rapina ho deciso io da solo»

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