Mohamed Abdessalem, presunto timoniere della barca naufragata a Cutro, immortalato nella plancia di comando
2 minuti per la letturaCROTONE – Vent’anni di reclusione e tre milioni di multa per il siriano Mohamed Abdessalem, presunto timoniere dell’imbarcazione naufragata a Steccato di Cutro, dove, nel febbraio 2023, sono morti 100 migranti: è la condanna disposta dal gup del Tribunale di Crotone Assunta Palumbo che ha accolto la richiesta del pm Pasquale Festa. Abdessalem è stato anche condannato a risarcire i familiari delle vittime costituite parte civile, assistite dagli avvocati Salvatore Rossi, Roberto Stricagnoli, Barbara Ventura, Pietro Vitale, e la Presidenza del Consiglio dei ministri. L’imputato, che ha scelto il rito abbreviato, in una precedente udienza ha ammesso di aver preso parte a questo e altri viaggi della speranza per motivi economici, al fine di aiutare la sua famiglia che vive in condizioni di miseria.
Per il suo ruolo marginale, l’avvocata Vincenza Raganato aveva chiesto una condanna a una pena meno severa. Ma per la Procura il ruolo di Abdessalem è centrale, perché l’uomo era a bordo sia della prima che della seconda imbarcazione con cui i migranti hanno compiuto la tragica traversata e a lui si deve, da timoniere, secondo quanto riferisce un migrante, l’incauta manovra che ha portato allo schianto contro quella maledetta secca di Cutro. «È tutta colpa sua», ha detto un superstite.
Abdessalem era stato arrestato nel dicembre scorso con le accuse di naufragio colposo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato dopo essere stato riconosciuto da alcuni dei sopravvissuti al massacro, grazie alle immagini estrapolate da telefoni cellulari. Quell’uomo in cabina, seduto nella plancia di comando col viso rivolto verso il basso, era lo stesso effigiato nei cartellini di riconoscimento mostrati dagli inquirenti. Non risultava né tra i sopravvissuti né tra le vittime del naufragio perché era al timone, stando ad almeno sette testimonianze. Il resto è arrivato dalla collaborazione di un detenuto del carcere di Lecce, dove Abdessalem si trovava perché accusato di far parte di un’organizzazione dedita al traffico di migranti smantellata con l’operazione Astrolabio. Là gli è stato notificato il provvedimento restrittivo.
L’uomo ha riferito agli inquirenti che uno degli scafisti, di nazionalità siriana, era riuscito a scappare in Germania dopo il naufragio di Cutro ed era stato poi arrestato in Germania per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quindi estradato e ristretto proprio in quel penitenziario. Coincideva tutto, perché Abdessalem era stato consegnato il 5 aprile alle autorità italiane presso l’aeroporto di Fiumicino. Un altro presunto scafista che era fuggito all’estero è quello che fu individuato in Austria: si tratta di Gun Ufuk, già condannato a 20 anni anche lui col rito abbreviato.
Ufuk e Abdessalem si aggiungono ad altri tre imputati fermati nell’immediatezza: il turco, Sami Fuat, ritenuto il capitano, e due facilitatori pakistani, Khalid Arslan, e Ishaq Hassnan (dichiaratosi inizialmente minorenne ma poi smascherato), per i quali pende il processo col rito ordinario. Un sesto componente dell’equipaggio è morto nel tragico sbarco.
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