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Nicola Comberiati

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Estorsione alla clinica di Cotronei, al figlio del boss di Petilia – Nicola Comberiati – inflitti 12 anni di carcere


PETILIA POLICASTRO – Dodici anni di reclusione in carcere: è la condanna inflitta dal gup distrettuale di Catanzaro a Nicola Comberiati, figlio di Vincenzo Comberiati, il boss di Petilia Policastro, in accoglimento della richiesta avanzata dal pm antimafia Pasquale Mandolfino. Nicola Comberiati era accusato di associazione mafiosa, tentata estorsione e usura. Secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro, a lui si sarebbe rivolto, per risolvere i dissidi con la sorella Marcella, l’imprenditore della sanità Robert Oliveti, direttore sanitario di una rsa per disabili della quale lo stesso Comberiati era dipendente. L’obiettivo era la gestione esclusiva della struttura residenziale “Santino Covelli”.

Il presunto tentativo di estorsione era al centro di un’inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro che portò a sei arresti. Operazione “White Collar”, la chiamarono. Gli altri cinque, tra cui il medico Oliveti, presunto mandante, sono a processo col rito ordinario. Fratello e sorella, in particolare, sono soci dell’impresa “Centri Assistenziali Mons. Oliveti s.r.l.”, esercente a Cotronei l’attività di gestione delle strutture residenziali per disabili “Carusa”, “Spirito Santo” e “Santino Covelli” (la cui amministrazione è affidata alla Correnti srl con sede a Roma).

Il ds della rsa quale mandante e Comberiati in veste di esecutore materiale avrebbero concorso nell’incendio dell’auto Fiat “600” di un’educatrice, stretta collaboratrice di Marcella Oliveti, per costringere quest’ultima a cedere a pretese divisorie e spogliarla delle proprie spettanze. Si sentiva il padrone del territorio, il figlio del boss. «Tanto io mi prendo tutto», diceva. Ci sono anche accuse di estorsione, poiché Comberiati si sarebbe accaparrato un’auto Alfa Romeo “Stelvio” con metodi minacciosi, impedendo una trattativa privata, oltre che di usura ai danni di un’avvocatessa che versava in difficoltà economiche.

I difensori, gli avvocati Renzo Cavarretta e Francesco Gambardella, hanno sostenuto l’insussistenza dei reati fine ma anche dell’associazione mafiosa poiché non avrebbe potuto farne parte un solo imputato e l’operatività del clan era cessata con una precedente operazione antimafia.
Comberiati è stato anche condannato a risarcire le parti civili.

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