Gli inquirenti sul luogo dell'omicidio
2 minuti per la letturaCUTRO (CROTONE) – Ergastolo confermato: la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Raffaela Sforza, ha condannato alla massima pena Alfonso Diletto per il femminicidio dell’8 marzo 2022, quando, nella frazione San Leonardo di Cutro, piccolo borgo di meno di mille anime, in una casetta in pieno centro, in via dei Gesuiti, l’uomo uccise l’ex moglie Vincenza Ribecco. L’imputato, in Appello difeso dall’avvocato Franco Maradei, doveva rispondere anche di atteggiamenti persecutori. La Corte ha escluso l’aggravante della premeditazione. Accolto il ricorso sull’indegnità a succedere che era stato avanzato dai familiari della vittima costituitisi parti civile, rappresentati dagli avvocati Luigi Falcone e Tiziano Saporito. Confermata anche la parte della sentenza relativa al risarcimento dei danni da liquidare in separata sede.
Che l’uomo ossessionasse la vittima con la sua gelosia morbosa era risaputo in paese. La donna temeva di ritrovarsi nei pressi di casa il suo ex e che questi potesse ucciderla. E così è stato. Diletto, secondo la ricostruzione accusatoria, il pomeriggio dell’8 marzo si presentò a casa dell’ex moglie con in tasca una pistola calibro 7.65 illegalmente detenuta e sparò appena fuori dalla porta-finestra un colpo che trapassò il vetro raggiungendo al cuore la vittima. Durante l’interrogatorio condotto dai carabinieri l’uomo crollò, dopo aver prima negato di sapere che l’ex moglie fosse morta, e ammise di essersi armato perché temeva di trovare a casa il presunto – più che mai presunto – amante di lei. Soltanto una volta messo alle strette, dopo che i carabinieri gli fecero sapere di essere al corrente del fatto che a suo fratello, che vive nel Mantovano, subito dopo il delitto aveva detto di aver «perso la testa» commettendo qualcosa di “brutto” riferito all’ex moglie, Diletto confessò di aver sparato. Quindi fece ritrovare l’arma, di cui s’era liberato durante il rientro nella sua abitazione, da San Leonardo a Cutro, gettandola in un dirupo.
Non sta nella gelosia, che era un «mero pretesto», ma nello «spirito punitivo» il movente che avrebbe animato l’imputato che uccise la moglie, è detto nelle motivazioni della sentenza all’ergastolo di primo grado.
Intanto, i figli della vittima, residenti in Nord Italia, cambieranno cognome: Domenico ha già ottenuto il via libera dalla Prefettura di Mantova, Rosaria ha avuto l’ok da quella di Genova. Si chiameranno Ribecco, come la madre che non c’è più.
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