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Il relitto del barcone

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Richiesta di proroga di 6 mesi al gip data la complessità delle indagini sul naufragio di Cutro. Sotto la lente la posizione di tre finanzieri e di tre militari della Guardia costiera


CROTONE – Si è reso conto, vagliando e soppesando gli elementi a sua disposizione, che ha bisogno di più tempo per fare pienamente luce sui ritardi nei soccorsi e su mancate comunicazioni interforze che sarebbero all’origine di una strage. Per questo, data la complessità delle indagini, il pm Pasquale Festa ha chiesto una proroga di sei mesi per chiudere il cerchio sulle responsabilità istituzionali per il naufragio di Cutro del 26 febbraio 2023, in cui sono morti 100 migranti. La proroga dovrà essere concessa dal gip. Attualmente sono sei le persone indagate. Si tratta, come è noto, di tre militari della Guardia di finanza e di altri tre della Guardia costiera.

Dopo le perquisizioni di un anno fa erano emerse alcune anomalie su cui la Procura vuole ancora indagare. Una vedetta, la 5006 della Sezione operativa navale della Guardia di finanza di Crotone, che, almeno in un determinato momento, sarebbe in porto anziché in cerca di un’imbarcazione stipata di migranti. Un operatore che dice che il radar non batte nulla anche se il target era monitorato. Anomalie nella redazione del giornale di bordo con fogli mancanti e aggiunte posticce. Tracce audio forse cancellate da relazioni di servizio; silenzi e omissioni o presunti tali. Ma c’è di più perché, a strage avvenuta, annotazioni potrebbero essere state aggiunte successivamente, forse per eludere eventuali responsabilità. Nelle memorie di computer e cellulari sequestrati potrebbero trovarsi elementi di segno diverso rispetto a quelli forniti ufficialmente e che forse possono essere utili per la ricostruzione dei fatti.

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NAUFRAGIO DI CUTRO, CHIESTA LA PROROGA DELLE INDAGINI

Oltre al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al naufragio colposo e alla morte dei migranti come conseguenza di altro reato, ipotesi già perseguite nel procedimento contro cinque presunti scafisti che già hanno portato alla condanna di uno degli imputati che ha scelto il rito abbreviato, c’è, dunque, l’inchiesta parallela. Verte su presunte omissioni d’atti d’ufficio e omicidio colposo plurimo come conseguenza di cooperazione colposa nel naufragio. La stanno conducendo i carabinieri del Reparto operativo di Crotone. Da un anno e mezzo stanno lavorando in silenzio, esaminando documenti, filmati, diari di bordo. Non è escluso che altre iscrizioni nel registro degli indagati possano essere fatte. Altri elementi potrebbero venire da una nuova perizia dell’ammiraglio in pensione Salvatore Carannante, che già ha depositato una sua consulenza nel processo agli scafisti.

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Una perizia, quella già discoverata, che bacchetta Frontex per le informazioni “approssimative e fuorvianti” sulla rotta del caicco e che attesta che mezz’ora prima dell’affondamento, alle 3:34 del 26 febbraio 2023, il radar di sorveglianza della Guardia di finanza nella località Campolongo avvista l’imbarcazione che di lì a poco sarebbe naufragata. L’intento della Procura è quello di arrivare a una compiuta ricostruzione del fatto e comprendere le ragioni sottese alle scelte operative, al ritardo accumulato nell’operazione della Gdf e alla mancata comunicazione della posizione del natante alla Capitaneria di Porto, a un buco di sei ore nei soccorsi, alla mancata uscita delle potenti e inaffondabili motovedette della Guardia costiera.

IRRISOLTI I QUESTI SULLA MANCATA APERTURA DELL’EVENTO SAR

Restano irrisolti i quesiti su cui si sono appuntati esposti degli avvocati dei familiari delle vittime e di organizzazioni umanitarie. Perché, a fronte della segnalazione giunta dall’aereo Eagle 1 di Frontex delle 23.03 del 25 febbraio del caicco “Summer Love” ormai tristemente noto, non è stato aperto un evento Sar (search and rescue)? Cosa è stato fatto tra le 23.03 di sabato e le 4 di domenica, ora in cui è stato segnalato il naufragio ai carabinieri, per monitorare la rotta del caicco? Perché la Capitaneria di porto è giunta sul luogo alle 6.50, ossia quantomeno due ore e mezza dopo il naufragio?

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Si parla di ritardi nei soccorsi, ma forse i soccorsi non sono mai stati fatti. I migranti che ce l’hanno fatta, come hanno raccontato anche in aula, a riva ci sono arrivati con le loro sole forze. Aggrappandosi a ciò che restava di quel legno spaccatosi in mille pezzi nell’urto contro una secca segnalata da tutte le mappe. Un bimbo di sei anni è morto non per annegamento, ma di freddo, come ha raccontato suo fratello che non l’ha mollato per un attimo mentre erano immersi in acque gelide. Ma è soltanto una delle drammatiche testimonianze dei naufraghi. A riva ci sono arrivati a nuoto, lì hanno trovato soltanto i pescatori di Steccato, che ormai non potevano più salvare vite, ma solo recuperare salme.

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