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CIRÒ MARINA (CROTONE) – Diventano definitivi quasi quattro secoli di carcere nei confronti degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel processo scaturito dall’inchiesta che nel gennaio 2018 portò alla mega operazione “Stige”, condotta dai carabinieri contro il “locale” di ‘ndrangheta di Cirò nel gennaio 2018. La Corte di Cassazione, dopo tre udienze serrate, ha dichiarato inammissibili i ricorsi difensivi dei plenipotenziari, dei gregari, degli imprenditori di riferimento di una super cosca che dal Crotonese si proiettava nel Cosentino e aveva ramificazioni nel Nord Italia e in Germania.
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Sono 41 i condannati in via definitiva, e tra loro c’è anche l’ex sindaco di Cirò Marina Roberto Siciliani, per il quale passa in giudicato la pena di 8 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Per quasi tutti i 13 per i quali è stato disposto un nuovo processo, con l’annullamento con rinvio della sentenza d’appello impugnata, è stata dichiarata irrevocabile la condanna per associazione mafiosa.
Le pene più elevate della sentenza Stige, a 20 anni di carcere ciascuno, sono per Vittorio Farao figlio di Silvio, uno dei capi storici della cosca cirotana assolto però nel rito ordinario, Salvatore Morrone, tra i reggenti del clan, Francesco Tallarico, capo bastone di Casabona. Definitive anche le condanne a 8 anni di carcere ciascuno per grossi imprenditori coinvolti nel processo Stige e accusati di concorso esterno in associazione mafiosa come Franco Gigliotti, originario di Crucoli e considerato un punto di riferimento del clan nel Parmense, e Domenico Rocca, di San Mauro Marchesato, attivo nel settore dei rifiuti. Per un altro dei reggenti dell’organizzazione, Giuseppe Spagnolo detto il “Bandito”, e per Salvatore Giglio, boss di Strongoli, entrambi condannati in appello a 20 anni, il processo è da rifare ma non per l’accusa di associazione mafiosa, poiché questa parte della sentenza è divenuta irrevocabile. Processo d’appello bis anche per Cataldo Marincola, per il quale la pena in Appello scese da 20 anni a 7 anni e 4 mesi: è uno dei due leader storici insieme a Giuseppe Farao, l’anziano boss che però ha scelto il rito ordinario e s’è beccato in Appello 24 anni. Ci sono anche dieci assoluzioni definitive, due rideterminazioni di pena e un proscioglimento per prescrizione. E fra i condannati ci sono due pentiti figli di boss, Francesco Farao, figlio di Giuseppe, e Gaetano Aloe, figlio di Nicodemo assassinato nel 1987: per il primo è stata annullata con rinvio, ma non per l’associazione mafiosa, la pena di 4 anni e 8 mesi, per il secondo diviene definitiva la condanna a 13 anni e 4 mesi.
Quello che rileva è soprattutto che la sentenza degli ermellini stride con il responso emesso nel novembre scorso dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel troncone processuale celebratosi col rito ordinario. Una sentenza della quale ancora non si conoscono le motivazioni dopo la proroga dei termini per il deposito. Non resse, nel secondo grado del rito ordinario, la tesi accusatoria del patto tra politica e clan e della cappa mafiosa sull’economia. Vennero assolti ex amministratori e imprenditori nonostante fossero stati sciolti quattro consigli comunali e fossero state emesse interdittive antimafia contro grosse imprese. E ne uscì bene perfino uno dei capi storici del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò come Silvio Farao.
Tra le assoluzioni del rito ordinario di Stige spiccava quella dell’ex presidente della Provincia di Crotone ed ex sindaco di Cirò Marina Nicodemo Parrilla, in primo grado condannato a 13 anni di carcere. Nel 2006 venne eletto Nicodemo Parrilla, nel 2011 Roberto Siciliani, nel 2016 di nuovo Parrilla (poi divenuto anche presidente della Provincia di Crotone) in contrapposizione a Siciliani ma, secondo gli inquirenti, sempre col sostegno dei clan. La tesi della Dda di Catanzaro (l’inchiesta è stata coordinata dal pm Domenico Guarascio) è che la ‘ndrangheta fosse trasversale agli schieramenti politici. Spagnolo, alias “il Bandito”, uno dei capi del “locale” Cirò, tra i 169 arrestati nell’operazione Stige, diceva: «Ma a noi che cazzo ce ne frega… che va Roberto, va quello, va quell’altro… se io vado da Roberto una cosa non me la fa Roberto… o vado da quell’altro non me la fa?». Non a caso l’allora capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, definì l’operazione Stige come «la più grande operazione antimafia degli ultimi 25 anni».
Dall’offerta di pescato delle flotte nei porti di Cariati e Cirò Marina ai servizi di lavanderia industriale, dalla distribuzione di prodotti alimentari anche all’estero, in Germania – a partire dal vino, nel regno del doc, per arrivare al pane e ai semilavorati per pizze – a quella di carta e plastica, dal business dei rifiuti solidi urbani gestito tramite imprese “controllate” a quello per l’accoglienza dei migranti, senza dimenticare il gioco on line e gli appalti pubblici, tutto era monopolizzato, da 25 anni circa, dal “locale” di Cirò, che deteneva il “crimine”, nella provincia crotonese, prima dell’avvento del potente boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, la cui supremazia è stata spazzata, a sua volta, nel gennaio 2015 con le maxi operazioni Aemilia, Kyterion e Pesci.
L’imprenditorialità sarebbe stata, per l’accusa, il tratto caratterizzante della cosca, secondo le direttive impartite dal vecchio boss a figli e nipoti, volte a limitare al massimo il ricorso ad azioni violente. Ma anche su questo ci sono due scuole di pensiero tra i giudici. Non solo tra l’accusa e la folta pattuglia della difesa, composta dagli avvocati Gianandrea Ronchi, Nicola Candiano, Alessandro Diddi, Provino Meles, Rosa Maria Romano, Libero Mancuso, Luigi Scaramuzzino, Mario Bombardiere, Giovanni Merante, Gianni Russano, Gregorio Viscomi, Massimo Di Celmo, Cesare Badolato, Franco Coppi, Francesco Gambardella, Salvatore Iannotta, Francesco Laratta, Pietro Pitari, Sandro Furfaro, Antonio Lomonaco, Armando Veneto, Nuccio Barbuto, Francesco Bastone, Salvatore Staiano, Salvatore Perri, Francesco Verri, Nico D’Ascola, Valerio Vianello Accorretti, Gianluca Acciardi, Tiziano Saporito, Fabrizio Gallo, Vincenzo Ioppoli, Salvatore Rossi, Vincenzo Maiello e altri.
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