Processo Ikaros
3 minuti per la letturaNel processo “Ikaros”, la Corte d’Appello ha rideterminato solo tre delle nove condanne inflitte in primo grado. Dimezzata la pena per uno degli avvocati coinvolti.
CROTONE – La Corte d’Appello di Catanzaro ha rideterminato soltanto tre delle nove condanne inflitte in primo grado nel processo scaturito dall’inchiesta che nel febbraio 2021 portò all’operazione Ikaros e ne ha confermate altre sei. L’inchiesta vede coinvolti avvocati, pubblici ufficiali e mediatori e avrebbe fatto luce su un intreccio di condotte illecite finalizzate a favorire l’ingresso e la permanenza nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari e l’ottenimento del beneficio della protezione internazionale anche a chi non ne aveva i requisiti ma era interessato soltanto a un titolo che consentisse libertà di movimento in Italia e in Europa.
In particolare, è stata dimezzata la pena di 10 anni e 2 mesi di reclusione inflitta all’avvocato Salvatore Andrea Falcone, di 41 anni, di Crotone, per il quale la condanna scende a 5 anni e 6 mesi in seguito all’assoluzione da 61 su 94 capi d’imputazione. Assolta da due capi d’imputazione l’avvocatessa Gabriella Panucci (54), di Crotone, per la quale la pena scende da 4 anni e 8 mesi a 4 anni e 6 mesi. Rideterminata in 4 anni (in primo grado la condanna era a 4 anni e 15 giorni) la pena a Edriss Mahmoudzadeh.
Confermate le condanne a 3 mesi per Intzar Ahmed (42), pakistano; a 6 anni per Rachida Lebkachi (59), marocchina; a 4 anni e 8 mesi per Kasro Mohammed (36), iraqeno; a 5 anni e 4 mesi per l’avvocatessa Irene Trocino (48), di Crotone; a 4 anni, 3 mesi e 15 giorni per l’avvocato Sergio Troilo (56), di Crotone; a 4 anni, 8 mesi e 15 giorni per l’ispettore di polizia locale Alfonso Bernardis (63), di Crotone (pena sospesa e non menzione nel casellario).
Confermata l’assoluzione del poliziotto Rocco Meo (59).
L’INDAGINE E IL PROCESSO “IKAROS”
Regge l’impianto dell’inchiesta avviata dal pm Alessandro Rho, che ricostruì l’operatività di due presunte associazioni a delinquere, con punti in contatto. L’avvocato Salvatore Andrea Falcone, ritenuto il vertice di uno dei due gruppi criminali, con la collaborazione di intermediari e faccendieri stranieri, avrebbe offerto assistenza, garantendo una pluralità di servizi illeciti, a numerosi cittadini extracomunitari bisognosi di ottenere titoli che consentissero la permanenza in Italia. Il tutto attraverso la predisposizione di attestazioni fasulle, anagrafiche e di residenza, circa la presenza sul territorio nazionale.
Ma è emersa anche la posizione di altri avvocati, Irene Trocino, Sergio Troilo e Gabriella Panucci, che avrebbero fatto parte di un’altra struttura associativa che, col supporto di interpreti e agenti in servizio presso l’Ufficio Immigrazione della Questura, ma anche di intermediari stranieri, avrebbero favorito la permanenza nel nostro Paese di numerosi curdo-iraqeni che, pur non essendo stabilmente residenti in Italia, vi sarebbero giunti regolarmente, muniti di visto turistico, al solo fine di ottenere la protezione internazionale e quindi di garantirsi, illecitamente, un soggiorno di lungo periodo nell’area Schengen. Tutto ciò a fronte del pagamento di somme di denaro poi ripartite.
La folta pattuglia difensiva era composta dagli avvocati Giovanni Allevato, Vincenzo Cardone, Francesco Laratta, Pasquale Lepera, Mario Nigro, Francesca Pesce, Giovanni Nicotera, Virgilio Prin Abelle, Aldo Truncè, Francesco Verri.
Tra gli argomenti difensivi, l’impossibilità di applicare il reato di favoreggiamento dell’immigrazione in quanto gli stranieri non sono rimasti nel territorio italiano in violazione delle norme.
Inoltre, secondo la difesa, non c’è stato contributo degli avvocati alla commissione di reati in quanto i professionisti si sono limitati a svolgere le proprie funzioni e manca la prova della falsificazione delle firme. Gli avvocati Pesce e Nicotera, difensori di Falcone, sostengono che «si apre la strada verso la verità» perché «si chiude parte di una storia giudiziaria che ha criminalizzato il diritto di asilo e chi si oppone a prassi illegittime delle Questure».
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