L’avvocato Liberati mostra un video all’uscita dal Palazzo di giustizia di Crotone
3 minuti per la letturaDopo due mesi la polizia tedesca continua a considerare irreperibile un possibile teste in grado di scagionare Maysoon Majidi ma l’avvocato scopre che è in un centro per migranti in Germania
CROTONE – Dopo due mesi, la polizia tedesca non è riuscita a rintracciare un teste che potrebbe scagionare Maysoon Majidi, l’attivista curda arrestata dalla Guardia di finanza di Crotone con l’accusa di essere la scafista dell’imbarcazione approdata il 31 dicembre scorso sulla spiaggia nella località Gabella, con 77 migranti a bordo: si è concluso pertanto con un nulla di fatto l’incidente probatorio svoltosi dinanzi alla gip Elisa Marchetto.
All’uscita dal Palazzo di giustizia, il difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati, ha mostrato ai giornalisti come sia facile interloquire con Hasan Hosenzadi, un iraniano che parla in dialetto curdo: dopo averlo contattato tramite videochiamata, gli ha riferito che lo avrebbe chiamato successivamente con l’ausilio di un interprete. «Si trova in un Centro per migranti gestito dallo Stato tedesco a Tegel, vicino Berlino», rivela l’avvocato. «Come vedete, non è irreperibile», ha detto il legale.
L’avvocato Liberati ha annunciato un’istanza con cui chiederà la sostituzione della misura in carcere per la sua assistita con gli arresti domiciliari presso una struttura gestita dall’associazione Sabir diretta da Manuelita Scigliano, l’animatrice della Rete 26 febbraio, il coordinamento di associazioni che prende il nome dalla data del naufragio di Cutro dello scorso anno. Ma in aula la pm Gabriella Multari ha, a sua volta, preannunciato parere contrario. Intanto, nel penitenziario di Castrovillari la donna ha perso 14 chili. Secondo il legale non sussistono i gravi indizi di colpevolezza né le esigenze cautelari. E, soprattutto, Maysoon «non ha certo intenzione di scappare ma vuole affrontare il processo certa di essere assolta».
«Questo procedimento sta andando in una direzione contraria alla garanzia dei diritti – sostiene l’avvocato Liberati – l’unico indizio a sostegno delle accuse è un video da cui si evince che l’ imputata chiama qualcuno per dire che “va tutto bene”, che “stanno arrivando”, mentre sullo sfondo si vede il mare. Ma c’è un altro video, facilmente reperibile su Instagram, in cui si vede che la donna è insieme ai migranti. A bordo – continua il legale – c’era anche suo fratello: è uno scafista pure lui?». L’avvocato batte il tasto anche su un altro aspetto fondamentale: «un coindagato dice che la ragazza non c’entra».
Un vulnus, sempre secondo la difesa, caratterizza il procedimento sin dall’inizio: «le indagini sono state fatte in maniera frettolosa per individuare subito gli scafisti e i presupposti errati da cui si è partiti si stanno trascinando».
L’avvocato Liberati mette in luce anche un aspetto inquietante: «avrebbero dovuto essere perquisiti tutti i migranti, non solo quelli ritenuti gli scafisti, e sarebbero venute fuori ben altre soprese». Il riferimento potrebbe essere a scenari inediti al momento coperti da riserbo.
Prima dell’inizio dell’udienza, si è tenuto un sit-in dinanzi al Palazzo di giustizia. C’erano una ventina di attivisti del comitato Free Maysoon. «Non chiamatela scafista», è scritto su un cartello. «Paga per il decreto Cutro – dice uno dei manifestanti, Francesco Saccomanno – gli scafisti spesso abbandonano i migranti costringendoli a condurre le imbarcazioni se vogliono salvarsi la vita, ma gli organizzatori dei traffici sono altri».
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