L’inaugurazione della sede della Lega di Crotone alla presenza di Salvini
2 minuti per la letturaCROTONE – Senza aver alzato cartelli o striscioni contro il leader della Lega Salvini, senza aver avuto un ruolo organizzativo in una manifestazione, ma soltanto per uno screenshot su cui nessuno ha fatto accertamenti e perché faceva una passeggiata mentre erano in corso contestazioni, si è ritrovato imputato con l’accusa di aver promosso una “riunione di protesta in luogo pubblico” in mancanza del necessario preavviso di tre giorni al questore.
La singolare vicenda è capitata al noto attivista crotonese Pietro Infusino, ovviamente assolto.
Il 10 gennaio 2020, in piena campagna elettorale, e durante alcune contestazioni, Salvini inaugurava la sede della Lega a Crotone e presentava i candidati del suo partito alle elezioni regionali e un gruppo gridava slogan antifascisti durante il taglio del nastro: Infusino, poi imputato, stava da quelle parti «in posizione defilata», come ha riferito in aula l’unico teste, un poliziotto che ha confermato anche di non aver svolto accertamenti telematici sul profilo Facebook di Infusino. Le “prove” contro Infusino erano, infatti, consistite in uno screenshot. In primo grado, il Tribunale di Crotone dichiarò il non luogo a procedere per tenuità del fatto. Ma non bastava, a Infusino. Il suo difensore, l’avvocato Fabrio Mungari, puntava a un’assoluzione piena. E per ottenerla il legale ha evidenziato l’assoluta inidoneità di quell’immagine a inchiodare l’imputato perché non era stata accertata la reale provenienza dal suo profilo.
Insomma, Infusino non è mai stato identificato come promotore della contestazione, tanto più che nel «laconico e stringato screenshot», è detto nelle motivazioni della sentenza, era indicato il «punto dove incontrarsi» ma «ai fini della successiva organizzazione della riunione». Insomma, elementi «certamente» insufficienti per attribuire a Infusino «una condotta attiva di promozione e organizzazione dell’illegittima riunione che l’imputato ha dimostrato di non aver tenuto per come direttamente e personalmente constatato dal teste di polizia giudiziaria che ha eseguito le indagini». Ecco perché “il fatto non sussiste”.
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