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La località Marrate dove la vittima sarebbe stata attirata con un pretesto

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PETILIA POLICASTRO (CROTONE) – Sembra destinata a restare un cold case l’omicidio di Salvatore Carvelli, un proprietario terriero di cui si sono perse le tracce dal maggio 2006. La Dda di Catanzaro riteneva di aver fatto luce sulla misteriosa sparizione, chiedendo l’arresto di Salvatore Comberiati, 58enne, esponente di vertice dell’omonima cosca egemone nel Petilino. Ma, prima, il gip distrettuale di Catanzaro non ha accolto la richiesta di misura cautelare. E, ora, il Tribunale del riesame, accogliendo la tesi dei difensori dell’indagato, gli avvocati Mario Saporito e Sergio Rotundo, ha respinto l’appello dei pm.

Secondo l’accusa, con un pretesto l’indagato avrebbe attirato la vittima nella località Marrate, l’avrebbe colpita con un oggetto contundente e ne avrebbe fatto sparire il corpo. La denuncia della scomparsa venne fatta dai nipoti dell’uomo, che si presentarono allarmati nella caserma dei carabinieri poiché le condizioni di salute del loro congiunto, classe ’31, non gli avrebbero mai consentito di allontanarsi per lunghi periodi se non accompagnato da altre persone. Le ricerche furono infruttuose.

Dalle prime testimonianze acquisite dai militari, emerse che Carvelli aveva molti nemici, e che le diatribe erano legate a questioni di terreni e di soldi prestati con tassi usurari. La moglie e la figlia dello scomparso hanno riferito agli inquirenti anche di rapporti con la cosca locale, e in particolare con l’indagato Comberiati che pare avesse il proposito di acquistare immobili di proprietà della famiglia Carvelli che già ospitavano un supermercato distrutto in un incendio. La famiglia Carvelli però si opponeva alla vendita, almeno fino a che non si chiarissero le responsabilità sulla morte del loro congiunto che aveva dissidi con l’ex gestore, ritenuto responsabile del rogo avvenuto per una frode assicurativa nel quale persero la vita due giovani. I locali erano chiesti da Comberiati insieme all’ex gestore del supermercato. L’interessamento della famiglia di ‘ndrangheta alle proprietà dello scomparso emergerebbe da intercettazioni in carcere captate durante colloqui intrattenuti dal boss Vincenzo Comberiati con i figli.

Della scomparsa hanno parlato i pentiti. Domenico Pace, ex esponente della cosca petilina, avrebbe appreso dall’indagato che sarebbe stato lui a uccidere la vittima su richiesta di alcuni debitori esasperati che avrebbero chiesto a Comberiati di subentrare nel ruolo di creditore. Il collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese, ex braccio destro del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, sostiene di aver partecipato a un banchetto inaugurale per la costruzione di un palazzo fatto edificare da Carvelli e suddiviso in vari lotti tra gli affiliati.

Il pentito Carmine Venturino, addentro alle dinamiche criminali della frazione Pagliarelle di Petilia Policastro, sostiene che Comberiati lasciò intendere di assumersi la paternità del delitto Carvelli durante un colloquio con Carlo Cosco, il mandante dell’omicidio di Lea Garofalo, poiché avrebbe affermato che Vincenzo Manfredi, successivamente assassinato, avrebbe dovuto fare la fine dello stesso Carvelli. «Bruciato su un materasso». Il Tribunale del riesame non ritiene suffragato il quadro indiziario poiché i pentiti riferiscono, più che altro, informazioni apprese da “terzi”.

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