X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

Quattro i rinvii a giudizio per il racket al villaggio turistico Il Tucano, tra questi l’amministratore. Accuse per associazione mafiosa dedita al controllo delle attività economiche


ISOLA CAPO RIZZUTO (kR) – Il gup distrettuale di Catanzaro Sara Merlini ha rinviato a giudizio Emilio Candigliota, di 60 anni, di Crotone, e gli isolitani Paolo Lentini (65), Francesco Scerbo (58) e Romolo Scerbo (61), gli ultimi due fratelli, per il racket al villaggio turistico “Il Tucano”. Sono accusati di aver fatto parte di un’associazione mafiosa dedita al controllo delle attività economiche all’interno del villaggio di Le Castella. Il processo si farà il prossimo 5 aprile. Si tratta della prosecuzione di un’inchiesta che ha già portato a un altro processo nell’ambito del quale Francesco Scerbo è stato assolto e Romolo Scerbo condannato.

RACKET AL TUCANO, IL VILLAGGIO NELLE MANI DEL CLAN

Dalla vigilanza alla pulizia degli spazi condominiali. Dal giardinaggio alla cura della spiaggia alla gestione del bar attraverso imprese gestite dagli imputati o presso cui erano assunti. Tutto nel villaggio era nelle mani del clan, secondo il pm antimafia Pasquale Mandolfino, le cui richieste sono state accolte. Lo schema accusatorio ricalca quello dell’inchiesta che nel giugno 2009 portò a una retata. A spolpare il Tucano anche allora sarebbe stata sempre la famiglia Scerbo, costola della cosca Arena, con al vertice Francesco Scerbo, figlio di Vincenzo. Quest’ultimo già custode dei terreni su cui fu costruito il villaggio nel 1989, ucciso nel 1991 in un agguato di mafia proprio là dentro. E fratello di Romolo, che fu arrestato nel blitz del 2009 insieme ad altri congiunti.
Paolo Lentini, quale gestore di fatto di una ditta che costruisce edifici residenziali e svolge lavori di tinteggiatura e giardinaggio, avrebbe imposto al condominio la propria impresa per la pulizia del verde negli anni dal 2013 al 2016. Romolo Scerbo, invece, avrebbe imposto al condominio, ovviamente col placet della cosca, l’affidamento di servizi di cura dell’edilizia e di gestione del bar sulla spiaggia.

IL RUOLO DELL’AMMINISTRATORE

Il ruolo dell’amministratore Candigliota sarebbe stato quello di mantenere contatti con componenti delle famiglie Scerbo e Lentini assegnando loro servizi senza preventivamente consultare i condomini in assemblea oppure presentando loro fittizi preventivi gonfiati di concorrenti in modo che la scelta ricadesse sulle imprese del clan.
Stando alle accuse, Francesco Scerbo pare che addebitasse a Angelo Fabiano, amministratore della Tucano immobiliare srl e del condominio, la responsabilità degli arresti dei suoi parenti. Nel periodo immediatamente successivo alla retata del 2009, prospettandogli un chiaro pericolo qualora non fossero state soddisfatte le pretese del clan, lo avrebbe costretto a mantenere con contratti prima periodici e poi stabili, quali addetti alla guardianìa, altri esponenti della famiglia Scerbo. Il danno è stimato in quasi due milioni di euro, e si riferisce agli emolumenti per l’attività “lavorativa” svolta dal 2009 al 2020. Gli addetti, però, più che lavorare si allontanavano dalla struttura turistica. E questa subiva continui danneggiamenti, eventi, sempre secondo l’accusa, funzionali a giustificare la necessità delle loro “prestazioni”.

Ancora, Francesco e Romolo Scerbo e Candigliota sono accusati di estorsione ai danni del condominio. All’assemblea del 28 giugno 2015, infatti, avrebbe preso parte lo stesso Francesco Scerbo. Lui ai condomini avrebbe prospettato conseguenze negative qualora fossero state coinvolte imprese concorrenti alla sua Sce.Fra. srls. Impresa che si sarebbe accaparrata i servizi di giardinaggio grazie a un ribasso immediato e strategico.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Vincenzo Cardone, Roberto Coscia e Domenico Magnolia.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE