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L'Arena di Verona

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ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – I tentacoli della cosca di ‘ndrangheta Arena di Isola Capo Rizzuto si erano allungati sull’Arena di Verona. Ne è convinto il capo della Dda di Venezia, Giovanni Zorzi, che ha chiesto quattro condanne nel troncone processuale che si celebra col rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta su un presunto meccanismo di false fatturazioni e sovrafatturazioni ruotante attorno alla Eurocompany Group srl, società ritenuta contigua al clan e appaltatrice di servizi per ponteggi ed altri lavori svolti per l’ente deputato alla gestione del noto anfiteatro. In particolare, il pm chiede rispettivamente 9 anni e 4 mesi di reclusione e 8 anni per i fratelli Pasquale e Francesco Riillo, rispettivamente di 58 e 53 anni, di Isola Capo Rizzuto. Sono ritenuti promotori e organizzatori di un’associazione a delinquere volta all’emissione di fatture per operazioni inesistenti con l’aggravante mafiosa perché finalizzata ad agevolare le cosche Arena e Nicoscia di Isola e Grande Aracri di Cutro.

Due anni e 8 mesi è la richiesta per il pentito Domenico Mercurio, di 54 anni, anche lui di Isola; 3 anni e 4 mesi quella per il ragioniere Michele Marin, di 50 anni, residente a Verona. A sostenere l’insussistenza dei fatti contestati sono stati, invece, gli avvocati Luigi Antonio Comberiati (per Francesco Riillo), Luca Cianferoni (per Pasquale Riillo). L’udienza prosegue il prossimo 21 febbraio. La Dda di Venezia ha già chiesto il rinvio a giudizio per 19 imputati.

Secondo l’accusa, fatturando importi maggiorati, l’impresa vicina alla ‘ndrangheta lucrava con i fondi neri. Ecco perché nelle province di Verona, Mantova e Trento, scattarono quattro misure cautelari personali e il sequestro di beni per un valore di oltre nove milioni di euro. I Riillo furono arrestati insieme a Giorgio Chiavegato, veronese di 65 anni, amministratore della Eurocompany, mentre all’obbligo di dimora nella sua Rovereto era stato sottoposto il 74enne Alberto Sighele, amministratore di fatto di imprese cartiere intestate a terzi prestanome e funzionali al presunto giro di irregolarità fiscali: loro optano per il rito ordinario, invece. Soltanto i flussi finanziari transitati da Eurocompany a Riillo srl erano per quasi 5 milioni. La Eurocompany, gestita dai Riillo e da Chiavegato, sarebbe stata strumentalmente utilizzata per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui erano beneficiarie altre imprese riconducibili a esponenti della criminalità organizzata di matrice calabrese attive tra Veneto ed Emilia Romagna.

Le successive verifiche sarebbero state avvalorate dalle dichiarazioni rese da Giuseppe Giglio, collaboratore di giustizia arrestato nell’ambito dell’operazione Aemilia della Dda di Bologna, già imprenditore di riferimento della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri, e di Mercurio, ex “fatturista” della cosca Arena. Le indagini avrebbero quindi fatto luce sui tentativi di infiltrazione nel settore dell’edilizia in Veneto da parte dei clan isolitani Arena e Nicoscia.

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