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CIRÒ MARINA (CROTONE) – Processo Ultimo atto, su undici privati indicati come persone offese, soltanto un imprenditore si è costituito parte civile; un copione già visto in molti processi di mafia, ma è il dato che balza all’attenzione all’esito dell’udienza preliminare, iniziata ieri, contro 35 imputati finiti sotto accusa nell’ambito dell’inchiesta sulle nuove leve del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò.

L’inchiesta, nel febbraio scorso, sfociata in 33 arresti con cui furono disarticolati i nuovi assetti del clan riorganizzatosi dopo il duro colpo inflitto nel gennaio 2018 con l’operazione Stige, che allora si concretizzò in 170 arresti. Per il processo “Ultimo atto” si è costituita parte civile anche un’associazione antiusura e antiracket. L’avvocato Mario Bombardiere ha però sollevato una questione ritenendo che questa costituzione non risponda ai requisiti della riforma Cartabia perché non indicata, nella richiesta di rinvio a giudizio, tra le parti offese. Si prosegue il prossimo 22 gennaio, quando il gup distrettuale di Catanzaro deciderà sulle costituzioni di parte civile.

Sotto accusa sono le presunte nuove leve ma anche veterani dell’organizzazione criminale cirotana, a cominciare da Luigi Vasamì, subentrato nella reggenza, essendo i capi storici – i fratelli Giuseppe e Silvio Farao e Cataldo Marincola – detenuti. Insieme a Vasamì, stando alle accuse contestate dai pm Antimafia Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Pasquale Mandolfino, che richiamano quasi in toto l’impianto dell’ordinanza di custodia cautelare, gli altri organizzatori del clan sarebbero Giuseppe Romano, Giuseppe Cariati, Francesco Amantea e Gianluca Scigliano per l’area di Cirò, Cataldo Cornicello per l’area di Cirò Marina. Tra le nuove leve si annovererebbero Luca Frustillo, Vincenzo Affatato, Davide Critelli, Gianfranco Musacchio. Cariati e Frustillo sarebbero gli affiliati maggiormente operativi, col compito di curare gli “affari” e di rapportarsi con le altre cosche, mentre Critelli e Affatato, oltre a fare da autisti ai veterani e a portare “ambasciate”, avrebbero organizzato gli incontri tra sodali. L’emergente sarebbe proprio Cornicello, ex faccendiere di Giuseppe Spagnolo, uno dei plenipotenziari del clan condannato a 20 anni nel processo Stige, e impostosi come figura più rappresentativa a Cirò Marina per il controllo asfissiante del territorio. Ma ci sono anche i nipoti di Cataldo Marincola, uno dei leader storici, ovvero Ottavio e Pino, in varie occasioni ripresi al circolo Cbs Sestito di Cirò, ritenuta una delle basi operative del clan, e i fratelli Antonio e Francesco Crugliano e Alessandro Nigro, che si sarebbero occupati del monopolio del settore ittico e della gestione illecita dei porti di Cirò Marina e Cariati.

Il core business della cosca erano anche le estorsioni e il controllo degli appalti pubblici, e per pianificare tutto ciò c’era bisogno di luoghi d’incontro, sempre secondo la ricostruzione accusatoria. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Gianni Russano, Mario Bombardiere, Domenico Sirianni, Luigi Scaramuzzino, Francesco Bastone, Antonio Anania, Giovanni Mauro, Francesco Gambardella, Nicola Cantafora, Sergio Rotundo, Aldo Truncè, Concetta Nunnari.

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