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L'avvocata Giulia Bongiorno

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CROTONE – Si conoscono, nel dettaglio, gli argomenti dell’avvocatessa Giulia Bongiorno, che assiste la concessionaria di servizi pubblici assicurativi che non vuole entrare nel processo sul tragico naufragio di Cutro per evitare di risarcire superstiti e familiari delle vittime opponendosi alla richiesta di dodici parti civili costituite.

Un natante non era, unità da diporto nemmeno: chissà in che sottocategoria rientra il malandato caicco “Summer Love” su cui si erano avventurati in 200, per schiantarsi contro una maledetta secca in una gelida alba di febbraio, a meno di 100 metri dalla battigia, senza che le forze dell’ordine italiane siano intervenute né per operazioni di polizia né per i soccorsi.

Argomenti che hanno fatto discutere tanto da indurre al dietrofront il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che venerdì scorso, proprio a Crotone, sede scelta simbolicamente, in ricordo della tragedia di febbraio, per la giornata conclusiva del Pon legalità, ha annunciato che lo Stato pagherà (LEGGI LA NOTIZIA). Come, non è ancora chiaro.

Ma intanto il processo va avanti. E quelle argomentazioni che scavano nella normativa tecnica di settore continuano a fare discutere – gli avvocati di parte civile parlano di “gesto impietoso” – così come fa discutere l’incarico conferito alla presidente della Commissione Giustizia del Senato da parte dell’agenzia pubblica interamente partecipata dal Mef, diretto dal ministro Giorgetti, leghista come Bongiorno. Ma, forse, c’è da scongiurare un possibile precedente che risulterebbe assai oneroso per le casse dello Stato – il Tribunale penale si pronuncerà il prossimo 29 novembre – e viene schierato in campo uno dei legali più bravi, che a sua volta indica nella lista testi professori e avvocati del calibro di Stefano Zunarelli e Giuseppe Gisberti. Piantedosi a Crotone ricorda che l’approccio al fenomeno dell’immigrazione dev’essere conforme a principi di “umanità” e “millenaria civiltà”. Bongiorno, pur di levare Consap da responsabilità civili, sottolinea in grassetto nella memoria depositata nel fascicolo processuale che «il concetto di “natante” a cui anche il capo d’imputazione fa riferimento risulta sconosciuto al Codice della navigazione, che si limita a distinguere tra navi e galleggianti e, all’interno delle prime, tra navi maggiori (navi alturiere) e navi minori (navi costiere)».

«La richiesta di citazione del responsabile civile è palesemente erronea e si fonda sulla tesi della risarcibilità del danno a favore delle vittime dell’incidente marittimo da parte delle compagnie assicuratrici del mezzo nautico utilizzato o, in subordine, del Fondo di garanzia presso la Consap. Si tratta di una tesi frutto di un’errata lettura del combinato disposto di cui agli articoli 123 e 283 del decreto legislativo 209 del 7 settembre 2005 (Codice delle assicurazioni private)», scrive Bongiorno. Per poi passare a una disamina del Codice della nautica da diporto, al termine della quale evidenzia che «il contesto diportistico è caratterizzato in primis da attività di navigazione senza scopo di lucro contrassegnate da finalità sportive e ricreative (gite, crociere, operazioni di pesca) e, in seconda battuta, da attività con finalità commerciali rispetto alle quali sono da ritenersi comunque inscindibili le finalità sportivo-ricreative direttamente riconducibili al concetto stesso di “navigazione da diporto”». Sempre attingendo al Codice della nautica da diporto, si arriva finalmente all’ammissione che il natante è «una delle sottocategorie dell’unità da diporto». E che per “uso diverso dal diporto” il d. lgs. 209/2005 si riferisce all’“uso commerciale”.

L’avvocata Bongiorno ammette una finalità «commerciale ancorché criminale» nell’attività svolta dai trafficanti ma «l’imbarcazione adibita dagli imputati al trasporto di migranti extracomunitari – in questo caso naufragati a Cutro – non è riconducibile al concetto tecnico di “natante” accolto dalla disciplina codicistica di settore». Eppure poche righe prima la memoria parla di «attività di navigazione a bordo del natante». Insomma, nel caso di specie «difettano sia i presupposti dell’attività diportistica – da cui scaturirebbe in ipotesi l’obbligo risarcitorio – che la nozione tecnica di natante quale tipologia di mezzo nautico coinvolto nel sinistro marittimo». Ed è di «intuitiva evidenza che non sussiste alcun obbligo risarcitorio in capo al Fondo di garanzia presso la Consap».

Non solo, l’obbligo risarcitorio vale per i natanti adibiti al “servizio di trasporto pubblico di persone” al quale, sempre secondo Bongiorno, non è assimilabile il «contesto di illegalità ed illiceità che contraddistingue il trasporto in mare dei migranti, la condizione di costante pericolo cui sono esposti e l’assenza di qualsivoglia presidio o regola di sicurezza marittimi». Qualora fossero stati muniti di salvagente, chissà, forse gli scampati al massacro di Cutro aggrappatisi al relitto avrebbero potuto aspirare al risarcimento, secondo la tesi di Bongiorno. Non avrebbero chance, sempre secondo Bongiorno, neanche i familiari delle vittime, perché quella culminata con la morte di un centinaio di migranti non era una crociera.

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