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Il luogo del delitto

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CUTRO – La sua era «ossessione e non gelosia». E «quel giorno avrebbe voluto uccidere insieme all’ex moglie anche il presunto amante». Dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro, il sostituto procuratore di Crotone Pasquale Festa ha chiesto una condanna all’ergastolo per il femminicidio dell’8 marzo dello scorso anno, quando, nella frazione San Leonardo, piccolo borgo di meno di mille anime, in una casetta in pieno centro, in via dei Gesuiti, fu uccisa Vincenza Ribecco. “Cecè”, come era conosciuta in paese.

L’imputato è Alfonso Diletto, ex marito della donna, il quale deve rispondere anche di atteggiamenti persecutori. Il pm ha messo in evidenza, nel corso della sua requisitoria, l’indole aggressiva di Diletto, che anche in passato aveva attribuito alla donna presunte relazione extraconiugali. Il presunto – più che mai presunto – amante si sarebbe salvato perché, essendo in bagno, non aprì a Diletto che, non vedendo la sua auto parcheggiata sotto casa, andò dall’ex moglie pensando che fosse da lei. Il processo col giudizio immediato proseguirà il prossimo 7 novembre per gli interventi delle parti civili rappresentate dagli avvocati Luigi Falcone e Tiziano Saporito, e quello del difensore dell’imputato, l’avvocato Luigi Colacino.

Che l’uomo ossessionasse la vittima con la sua gelosia morbosa era risaputo in paese. «L’ultima volta che l’ho visitata è stato a febbraio – aveva detto la dottoressa medico di famiglia ai carabinieri durante le indagini preliminari – si era presentata allo studio manifestando estrema paura, collegata a un importante stato d’ansia e malessere generale, dovuto al fatto che l’ex marito continuava a seguirla, a minacciarla, a telefonarle rendendole la vita sociale impossibile». La donna temeva di ritrovarsi nei pressi di casa il suo ex e che questi potesse ucciderla.

E così è stato. Diletto, secondo la ricostruzione accusatoria, il pomeriggio dell’8 marzo si presentò a casa dell’ex moglie con in tasca una pistola calibro 7.65 illegalmente detenuta e sparò appena fuori dalla porta-finestra un colpo che trapassò il vetro raggiungendo al cuore la vittima. Durante l’interrogatorio crollò, dopo aver prima negato di sapere che l’ex moglie fosse morta, e ammise di essersi armato perché temeva di trovare a casa il presunto – più che mai – amante di lei. Soltanto una volta messo alle strette, dopo che i carabinieri gli fecero sapere di essere al corrente del fatto che a suo fratello, che vive nel Mantovano, subito dopo il delitto aveva detto di aver «perso la testa» commettendo qualcosa di “brutto” riferito all’ex moglie, Diletto confessò di aver sparato.

Quindi fece ritrovare l’arma, di cui s’era liberato durante il rientro nella sua abitazione, da San Leonardo a Cutro, gettandola in un dirupo. Intanto, i figli della vittima cambieranno cognome: Domenico ha già ottenuto il via libera dalla Prefettura di Mantova, Rosaria attende l’ok da quella di Genova.

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