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Giuseppe Spagnolo, esponente di vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò

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CIRÒ MARINA – Il suo “lavoro” di killer Peppe Spagnolo detto “’u Banditu” lo prendeva molto sul serio. Ricorda un po’ il De Niro di Cape Fear, che pagò un dentista per farsi limare i denti e avere così un aspetto più minaccioso, l’idea di uno dei plenipotenziari del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò di procurarsi un alibi facendosi praticare una gengivectomia proprio nel giorno del delitto.

Al processo, Spagnolo fu assolto perché dalle carte prodotte dalla difesa risultò che la prestazione medica sarebbe stata incompatibile, stando agli orari certificati nel referto, con la commissione di un omicidio: quello di Vincenzo Bloise, assassinato il 16 maggio 2001 a Cassano allo Jonio da due sicari, mentre si trovava in campagna a bordo di un trattore con un fratello. Ma le rivelazioni del pentito Nicola Acri potrebbero riaprire il caso che sembrava chiuso perché Spagnolo potrebbe aver chiesto al dentista – «un amico nostro» – di posticipare di qualche ora la data dell’intervento rispetto all’orario effettivo. E siccome Spagnolo era uno “serio” sul lavoro, si sarebbe sottoposto realmente all’intervento, e addirittura sarebbe andato da Cirò Marina fino alla Sibaritide per tendere l’agguato e rientrare. Tutto nello stesso giorno.

Si tratta di un delitto collegato a quello su cui ha fatto luce la Dda di Catanzaro 22 anni dopo con gli arresti dell’altro ieri. L’1 settembre 2001 venne ucciso Salvatore Di Cicco, uomo della ‘ndrina degli Abbruzzese, zingari di Cassano. Il pentito Ciro Nigro, organico alla ‘ndrina di Corigliano Calabro alleata a quella cassanese, racconta al pm Antimafia Domenico Guarascio di avere consegnato con l’inganno Di Cicco in mano ai propri assassini, indicati in due esponenti di “vertice” del “locale” di Cirò, che storicamente ha influenza criminale anche sul Cosentino jonico. A tenere ferma da dietro la vittima sarebbe stato Peppe Nicastri, a sparare sarebbe stato Peppe Spagnolo.

L’ordine di uccidere Di Cicco sarebbe partito da Spagnolo, Rocco Azzaro e Acri. Lo stesso pentito Acri svela al pm Guarascio che la decisione di uccidere Di Cicco era nata dal fatto che si temeva potesse parlare con i carabinieri. La cosca aveva saputo che Di Cicco era stato “avvicinato” dai militari e negli ambienti criminali circolava voce che avrebbe collaborato con la giustizia.
Ma Acri ha parlato anche del coinvolgimento di Di Cicco, Spagnolo e Vincenzo Abbruzzese nell’omicidio Bloise.

Dopo aver spiegato i contrasti interni alla criminalità organizzata stanziata nel Cassanese e come Bloise si fosse ingerito nel traffico delle sostanze stupefacenti invadendo il mercato in mano agli zingari, Acri narra che per la pianificazione dell’agguato a Bloise sarebbe stata utilizzata l’auto di solito in uso a Di Cicco. Acri sarebbe stato sostituito da Spagnolo proprio il giorno dell’agguato in quanto “Peppe il bandito” aveva preteso di premere personalmente il grilletto.

La cosa particolare è che Spagnolo si sarebbe procurato sin da subito un alibi mediante il suo dentista di fiducia il quale avrebbe certificato un·intervento (effettivamente eseguito ma qualche ora dopo l’agguato) proprio nel giorno in cui veniva commesso il grave fatto di sangue. Spagnolo, grazie all’alibi precostituito, venne assolto. Ma le rivelazioni di Acri farebbero luce su uno scenario inquietante, se confermato dai successivi sviluppi processuali: la cosca cirotana sarebbe stata in grado di avvicinare professionisti per falsificare la documentazione medica e condizionare l’esito di vicende giudiziarie.

La partita in gioco era grande. Bloise, sostiene Acri, «era un confidente risaputo». Ed era uno che, con le sue vendite di droga, dava fastidio agli zingari che rivendicavano il «monopolio assoluto» degli stupefacenti. Acri aveva evitato di parlarne nell’auto di Di Cicco, che sospettava fosse sottoposta a intercettazioni ambientali, durante i sopralluoghi preparatori all’agguato. E questo evitò la sua piena identificazione nei processi. Ma Acri racconterà poi che Spagnolo gli avrebbe svelato di aver commesso l’omicidio, qualche tempo dopo. «Tutto a posto?». «Sì, è andato tutto bene». «Dice che ha visto il kalashnikov che lo tagliava», il particolare truculento aggiunto dal pentito.

L’agguato descritto da Acri sembra una scena da film. «È andato con uno con la moto, che dopo che ha fatto il fatto, che ha fatto? Lo ha recuperato direttamente questo». Acri sa che Spagnolo per questo è stato già giudicato. «Che so io, era stato arrestato, poi è uscito a piede libero, poi sapevo che si era fatto fare una carta dal dottore…che gli aveva fatto un’operazione…il dottore è un amico nostro».

Si tratterebbe di un professionista che «ha lo studio a Cirò Marina» ma la sera usciva coi “bravi ragazzi” del clan, peraltro insieme a un noto industriale di Crotone. E quando il pm Guarascio chiede ad Acri di come Spagnolo sia riuscito a procurarsi la “carta”, la risposta è chiara: «lui se l’era fatta fare nell’immediatezza, come è andato là… Peppe come è andato con la moto, il giorno si è fatto fare davvero il dente, si è fatto curare davvero subito… qualche ora dopo, al posto di mettere alle tre, per esempio alle cinque … ha messo alle sei… gli ha fatto un alibi falso». I denti, questo è un particolare che il pentito tiene a sottolineare, Spagnolo «se li è fatti fare sicuro, perché lo conosco come ragiona e cioè se andavano a vedere il giorno dopo, dopo due giorni, lui si faceva fare davvero la cosa per risultare … siccome sapeva come funzionava pure a livello di indagine… su questo è abbastanza scaltro».

Il 5 dicembre 2006 il gup distrettuale di Catanzaro prese atto del referto prodotto dall’avvocato Ennio Curcio: il dentista cirotano a Spagnolo praticò una gengivectomia con ricollocazione dell’apparato protesico. Il delitto avvenne a Cassano Jonio, in campagna, come si è detto. La vittima si trovava insieme al fratello a bordo di un trattore quando due killer si materializzarono poco prima delle 18 e spararono all’impazzata, colpendo mortalmente Bloise.

Rimase illeso il fratello dell’obiettivo dei sicari; fu il sopravvissuto a dare l’allarme ai carabinieri. Le indagini si incentrarono soprattutto sulle intercettazioni eseguite nell’autovettura Nissan “Terrano” di Di Cicco; nella stessa auto si sarebbe trovato Spagnolo mentre raggiungeva il luogo dell’agguato mortale. Il legale dell’imputato fece leva su una perizia fonica secondo cui, in particolare, dalle conversazioni del 16 maggio 2001 non sarebbe riconoscibile la voce di Spagnolo a causa del forte fruscio di fondo.

Ma l’avvocato Curcio produsse anche il libro-fattura del dentista di Spagnolo, che attestava che alle 15,30, cioè poche ore prima del delitto, l’imputato si stava sottoponendo a un intervento di gengivectomia all’arcata dentaria superiore; un intervento per il quale è necessaria un’anestesia. La prima delle due conversazioni intercettate a carico dell’imputato fu captata alle 17, pertanto a distanza di un’ora e mezza dal termine dell’intervento (stando alla “carta”), vale a dire un lasso di tempo sufficiente a percorrere 90 chilometri, tuttavia le condizioni fisiche di Spagnolo – lo aveva rilevato anche il Riesame che lo scarcerò – non erano tali (dopo un’anestesia locale) da consentirgli di mettersi immediatamente in viaggio, percorrere un rilevante tragitto ed, addirittura, commettere un omicidio, azione delittuosa per la quale occorrono, evidentemente, grande lucidità e fermezza.

Spagnolo, che era stato arrestato nell’ambito dell’operazione Sybaris, ne uscì; già allora era considerato un pezzo da novanta nel panorama della criminalità organizzata locale. Nel successivo ventennio ha “collezionato” vari arresti e condanne, tant’è che il nuovo provvedimento cautelare, firmato dal gip Sara Merlini, gli è stato notificato in carcere dove sconta, tra l’altro, la pena di 20 anni inflittagli nel processo Stige con l’accusa di essere stato uno dei capi del “locale” di Cirò.

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