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Il procuratore Gratteri con i genitori di Dodò accanto alla biblioteca della legalità

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CROTONE – «Tante indagini sono state avviate, anche in provincia di Crotone, mica si fermano con la partenza di Nicola Gratteri». Non è un addio, ma, in un certo senso, un “arrivederci”. Il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro che il prossimo 20 ottobre si insedierà a Napoli assicura che l’impegno dell’Ufficio da lui guidato per otto anni non verrà certo meno col suo trasferimento. Né a Crotone né nelle altre province del distretto della Corte d’Appello che comprende Calabria mediana e settentrionale.

Territori, in particolare quello di Crotone, dove negli ultimi anni si è registrata un’aggressione giudiziaria senza precedenti alle cosche e alla zona grigia grazie al nuovo impulso alla lotta al crimine che ha coinciso con l’avvento di Gratteri. Finisce un’era? A chi si sente un po’ più solo perché sapeva che, fino a ieri, c’era un riferimento, uno pronto ad ascoltare chi ha subito ingiustizie, assicura: «Se avete delle denunce da fare troverete anche un colonnello alle due di notte a ricevervi. Molte indagini anche a Crotone sono iniziate dopo le denunce di imprenditori. Il questore e i comandanti provinciali di carabinieri e guardia di finanza mica sono qui per caso. Sono qui a fare il loro lavoro dopo un’attenta valutazione».

Punta molto sul concetto di squadra, nel suo incontro con i giornalisti nella sede di Confcommercio, dove è arrivato per presentare una borsa di studio intitolata a Dodò, il bimbo vittima innocente di mafia ucciso nella strage ai campetti del 2009. La squadra è quella che, da grande motivatore, ha saputo mettere assieme, e che comprende magistrati di esperienza e investigatori tra i migliori d’Italia insieme a giovani che hanno voglia di imparare.

«Tento di far sentire protagonisti tutti, anche agli uditori appena arrivati affido misure di prevenzione col compito di leggersi migliaia di pagine di informative, per far loro sentire l’odore della Dda». Qualcosa di molto simile al fresco profumo di libertà di cui parlava Borsellino. Già. Perché «la Dda non è Gratteri più 26, così non si fa squadra». E poi lui è «specializzato nello stanare vagabondi». Piuttosto, «il solco è tracciato», e si è registrata un’inversione di tendenza. «Sta succedendo una cosa strana. Prima gli ufficiali non volevano venire a Catanzaro, ora che è stato fatto un lavoro di qualità ce ne sono un sacco che fanno domanda».

Ora, non lo spaventa l’idea di «affrontare nuove sfide», come quelle con cui sta per cimentarsi alla guida della Procura più grande d’Europa. E non lo preoccupa la fredda accoglienza riservatagli dagli avvocati penalisti napoletani con un documento. «Non è un problema mio. Non mi preoccupa qualche lettera, dopo che abbiamo dovuto ascoltare intercettazioni in cui dei mafiosi discutevano su come ammazzarmi».

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