INDICE DEI CONTENUTI
- 1 GLICINE, LE PRESSIONI SULLA POLITICA NAZIONALE PER RINVIARE LE ELEZIONI PROVINCIALI A CROTONE
- 2 LA LETTERA DI DELL’AQUILA AL MINISTERO DELL’INTERNO
- 3 IPOTESI INVESTIGATIVA DA APPURARE
- 4 OPERAZIONE GLICINE, L’ESCAMOTAGE DI DELL’AQUILA PER RINVIALE LE ELEZIONI A CROTONE
- 5 IL DECRETO MILLEPROROGHE E L’OBIETTIVO RAGGIUNTO DEL RINVIO DELLE ELEZIONI
Operazione Glicine, l’appello ai big della politica (Zingaretti e Boccia, ignari dei fini) per rinviare le elezioni provinciali di Crotone. Un modo per mantenere il potere.
CROTONE – La presunta cricca politico-affaristica sgominata con l’operazione Glicine si sarebbe spinta a fare pressioni su esponenti politici nazionali di primissimo piano per ottenere il rinvio delle elezioni ad una fase in cui Enzo Sculco, il ras di Crotone, avrebbe potuto meglio esercitare il suo peso specifico e poter continuare a condizionare incarichi ed appalti. Parliamo di vertici del Pd come Nicola Zingaretti e Francesco Boccia. Ignari delle sottese finalità per le quali li avevano interpellati.
Lo si evincerebbe da un gruppo di intercettazioni, confluite agli atti della voluminosa inchiesta “Glicine” coordinata dal pm Antimafia Domenico Guarascio. Intercettazioni ruotanti attorno alla vicenda di Arturo Crugliano Pantisano, noto esponente del Pd locale (in passato è stato presidente del consiglio comunale e vicesindaco), funzionario della Provincia che aspirava, in cambio di procacciamento di voti a Flora Sculco, candidata alle regionali del 2020, alla nomina a dirigente generale dell’ente intermedio.
Almeno questa è l’ipotesi accusatoria costata a lui e ad altri l’iscrizione nel registro degli indagati per violazione della legge elettorale. Il problema era che, pur a fronte della possibilità contemplata dallo statuto provinciale di nominare dirigenti senza concorso, la quota prevista dalla legge era stata abbondantemente superata. Ciò in relazione alla nomina di quattro dirigenti da parte del presidente della Provincia. Crugliano Pantisano sarebbe stato comunque nominato capo di gabinetto.
GLICINE, LE PRESSIONI SULLA POLITICA NAZIONALE PER RINVIARE LE ELEZIONI PROVINCIALI A CROTONE
Le conversazioni captate a partire dal 9 gennaio 2020 documenterebbero le pressioni che Sculco avrebbe fatto, tramite l’ex presidente dell’ente facente funzioni Giuseppe Dell’Aquila, anche lui del Pd, e lo stesso Crugliano Pantisano sui big della politica nazionale per tentare di ottenere il rinvio delle elezioni per il rinnovo del consiglio provinciale di Crotone. Lo scoglio da superare era legato al fatto che allora il Consiglio dei Ministri aveva sciolto cinque Comuni della provincia di Crotone (tra cui quello popoloso di Crotone). Comuni che avevano un peso specifico importante ai fini della designazione di un presidente vicino a Sculco.
Quattro su cinque Comuni (tranne quello di Crotone) erano stati commissariati per infiltrazioni mafiose, in particolare. Dalle carte dell’inchiesta emergerebbe che con la gestione di Nicodemo Parrilla, ex presidente della Provincia ed ex sindaco di Cirò Marina che poi venne arrestato nell’operazione Stige, e con la gestione di Ugo Pugliese, che si dimise da sindaco di Crotone in seguito al coinvolgimento nell’inchiesta sulla piscina comunale, e infine con l’interregnum di Dell’Aquila, Sculco aveva mani libere per gestire gli appalti e le nomine. Pertanto, la possibilità di incidere sulla designazione del nuovo vertice dell’ente territoriale avrebbe consentito al politico crotonese di continuare a esercitare una regia occulta.
Il 9 gennaio 2020 Sculco, Crugliano Pantisano e Dell’Aquila si incontravano e ragionavano sulla possibilità di cercare una sponda politica a livello nazionale, al fine di ottenere il rinvio delle elezioni ad un momento successivo nel quale i Comuni commissariati potessero esprimere la propria preferenza per la designazione del nuovo presidente della Provincia. Dell’Aquila riferiva, a tale proposito, di essersi confrontato con la deputata cosentina del Pd Enza Bruno Bossio, la quale avrebbe parlato con l’allora viceministro dell’Interno Matteo Mauri per verificare se fosse possibile beneficiare dell’auspicato rinvio.
LA LETTERA DI DELL’AQUILA AL MINISTERO DELL’INTERNO
Peraltro in quel periodo storico Dell’Aquila aveva scritto una lettera al ministero dell’Interno proprio sul tema, evidenziando la circostanza per cui cinque Comuni non avrebbero potuto partecipare alle votazioni perché sciolti. «Il dato è assolutamente eloquente e pienamente rappresentativo della sinergia tra Sculco, Crugliano Pantisano e Dell’Aquila – è detto nelle carte dell’inchiesta – per consentire al centro di potere, di cui facevano parte, di mantenere inalterata la sua signoria all’interno nell’ente provinciale. E non è un caso che proprio questa sinergia abbia dato luogo a una sequela di illeciti contro la pubblica amministrazione che costituiscono la espressione di un ben strutturato e rodato sistema imperniato su azioni poste in essere per favorire reciprocamente interessi di parte».
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Una figura politica al vertice dell’ente territoriale lontana dal presunto gruppo di potere, avrebbe impedito o, comunque, reso più difficile la prosecuzione del “sistema”. Non è un caso, forse, che Crugliano Pantisano, che agognava al posto di dirigente dell’ente provinciale, di fronte all’indicazione di Dell’Aquila di attendere tempi migliori, mettesse in rilievo il fatto che l’elezione di un presidente politicamente non allineato avrebbe fatto sfumare le sue pretese. E in questo contesto, «assolutamente inquietante è la possibilità di ottenere l’appoggio di importanti esponenti politici di rilievo nazionale che, in alcuni casi, quali la Bruno Bossio – osservano gli inquirenti – erano pienamente consapevoli dell’illecito sottostante che contrassegnava i rapporti tra Sculco e altri importanti personaggi».
IPOTESI INVESTIGATIVA DA APPURARE
Si tratta di un’ipotesi investigativa tutta da appurare. Il riferimento degli inquirenti è ai rapporti intrattenuti da Sculco col marito dell’ex parlamentare cosentina, Nicola Adamo, ex assessore regionale ed ex parlamentare Pd anche lui, con Mario Oliverio, ex governatore della Calabria, Giancarlo Devona, suo ex segretario particolare, lo stesso Crugliano Pantisano. Negli altri casi, invece, i politici nazionali erano «meri ricettori di istanze percepite nella loro valenza politica», sempre secondo gli inquirenti.
OPERAZIONE GLICINE, L’ESCAMOTAGE DI DELL’AQUILA PER RINVIALE LE ELEZIONI A CROTONE
L’escamotage lo individua Dell’Aquila, che nel corso di una riunione fa riferimento a uno strumento giuridico in grado di superare le obiezioni di natura tecnica al rinvio delle elezioni, sollevate dal ministero dell’Interno: inserire un articolo nel cosiddetto decreto Milleproroghe. Dell’Aquila sosteneva di averne parlato con l’allora ministro per gli Affari regionali Boccia, ovviamente ignaro delle reali ragioni sottostanti le sollecitazioni alla proroga. Per carità, è assolutamente legittimo, a livello politico, sostenere una proposta di legge volta a mettere una più ampia platea elettorale nelle condizioni di designare i propri rappresentanti provinciali. Altra cosa, però, è fare pressioni per ottenere questo risultato in un momento storico nel quale cause di forza maggiore (lo scioglimento Comuni per accertati condizionamenti della criminalità organizzata) avrebbero impedito di designare un esponente politico vicino alla posizione del presunto comitato d’affari in grado di assecondare i desiderata dei richiedenti.
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L’obiettivo di Sculco era avvicinare l’allora segretario nazionale del Pd Zingaretti che si sarebbe recato, il 4 febbraio 2020, a Catanzaro per un tour elettorale. E di veicolare un’istanza del Pd crotonese e calabrese. Il 16 febbraio, Sculco e Crugliano Pantisano si sentivano al telefono e quest’ultimo lo ragguagliava sull’iter del decreto Milleproroghe, come rappresentatogli dal senatore calabrese Ernesto Magorno di Italia Viva. Il decreto in discussione alla Camera in quei giorni sarebbe stato sottoposto al meccanismo della fiducia, richiesta dal Governo per la rapida approvazione senza emendamenti. Sculco otteneva rassicurazioni circa l’inserimento della norma sul rinvio delle elezioni, preoccupandosi poi del fatto che, approvata la norma, sarebbe stato necessario un atto amministrativo per revocare le elezioni provinciali.
IL DECRETO MILLEPROROGHE E L’OBIETTIVO RAGGIUNTO DEL RINVIO DELLE ELEZIONI
Nei giorni successivi, mentre era in corso la discussione sul decreto Milleproroghe, il presidente facente funzioni della Provincia Dell’Aquila scriveva al ministero per gli Affari regionali, al ministero dell’Interno e ad altri enti rappresentando che la percentuale ponderata del corpo elettorale era al di sotto del 50%, in considerazione dello scioglimento di cinque Comuni popolosi. Quindi, tra il 20 del 26 febbraio 2020, il Parlamento approvava il decreto Milleproroghe, stabilendo, all’articolo 17 bis comma 2, il differimento delle elezioni provinciali laddove vi fosse una percentuale al di sotto del 50% della soglia degli aventi diritto.
Il primo marzo 2020, previa circolare del 28 febbraio 2020 emanata dal ministro degli Affari regionali, il presidente Dell’Aquila revocava l’indizione delle elezioni del presidente della Provincia. «In questo modo – la sottolineatura è degli inquirenti – anche sulla base delle pressioni del gruppo criminoso per cui si procede, ovviamente veicolate ai politici nazionali, tacendo le ragioni sottostanti, si riusciva a concorrere al rinvio delle elezioni provinciali in un momento ritenuto propizio e così essere nelle condizioni di proseguire nelle attività criminose».
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