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CROTONE – Questa mattina personale della Polizia di Stato, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ha fermato ed arrestato 18 persone ritenute fortemente indiziate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata a commettere più delitti previsti dall’art. 73 DPR 309/90, inerenti l’acquisto, la detenzione, il trasporto, la cessione e la vendita di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, estorsione aggravata dal metodo mafioso nonché porto e detenzione illegale di armi e munizioni aggravato dal metodo mafioso.
Gli arresti sono la conseguenza di quanto emerso nel corso di un’articolata indagine iniziata nel marzo del 2020, avviata su input informativo del Federal Bureau of Investigation (FBI) di New York, su presunti episodi estorsivi commessi nell’area di Manhattan, e svolta dai poliziotti del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Crotone e Catanzaro, che dimostrerebbe l’attuale struttura ed operatività sul territorio di Rocca di Neto della cosca “Corigliano-Comito”.
Quest’ultima, dotata capacità di controllo territoriale e gerarchie interne, legata a doppio filo con il locale di Belvedere Spinello, storicamente compenetrato dalla criminalità organizzata, con proiezioni negli Stati Uniti d’America dove, in concomitanza con le attività italiane, personale del FBI congiuntamente a quello della Polizia di Stato, ha svolto diverse perquisizioni a carico di soggetti indagati in un procedimento penale collegato.
Le attività hanno accertato, in particolare, la pervasiva pressione estorsiva esercitata dai referenti della cosca in danno di realtà imprenditoriali locali, nonché l’attivismo degli indagati nel settore del traffico e della distribuzione di sostanze stupefacenti e l’ampia disponibilità di armi da parte dell’organizzazione, ambiti nei quali, nel corso delle indagini, si è anche fatto ricorso all’istituto dei ritardati arresti.
Le acquisizioni probatorie, frutto di complesse attività tecniche, perquisizioni, accertamenti di polizia e contributi offerti dai collaboratori di giustizia, documenterebbero a livello indiziario l’operatività del sodalizio tramite reati satellite, quali le estorsioni svolte da alcuni sodali nei confronti di imprenditori locali, che non hanno denunciato gli estortori, considerate la principale e più remunerativa attività illecita svolta dal clan.
Il tutto commesso attraverso un meccanismo ben oliato, dissimulato da normali pratiche commerciali e dall’utilizzo di un vocabolario strategico imposto alle vittime per segnalare la disponibilità al pagamento della mazzetta, ordinando ad esempio ad ogni inizio del mese dei cornetti al bar gestito dalla famiglia Corigliano.
In una di queste occasioni la polizia giudiziaria, immediatamente dopo la consegna dei cornetti, aveva effettuato un controllo dell’auto dove viaggiavano gli indagati, documentandone il possesso di 2.000 euro in contanti. Le attività avrebbero, inoltre, evidenziato che i ricavi delle attività estorsive servivano per alimentare una cassa comune gestita dal capo famiglia, anche nella logica della spartizione dei proventi illeciti da dividere in base a precisi accordi e sulla base dello spessore criminale dei destinatari.
I componenti del sodalizio criminale avevano a loro disposizione un numero indeterminato di armi da fuoco, tra cui pistole e fucili, al fine anche di rafforzare le capacità operative necessarie, all’occorrenza, per commettere altri reati. Le attività tecniche consentivano di documentare anche il loro effettivo utilizzo, durante una prova a fuoco compiuta dagli indagati in una zona isolata del territorio di Rocca di Neto. Mirati servizi straordinari di controllo del territorio consentivano agli investigatori di sequestrare armi e relativi munizionamenti, in particolare 4 fucili ed una pistola. Il monitoraggio operato nei confronti del gruppo criminale consentiva di raccogliere elementi indiziari in ordine alla responsabilità di alcuni danneggiamenti ed atti intimidatori, commessi degli appartenenti al sodalizio anche per fortificare la loro supremazia sul territorio, tra cui il danneggiamento con bomba carta ad un distributore automatico di snack e bevande di Rocca di Neto.
Nell’ambito delle attività investigative sono emersi indizi gravi in ordine all’esistenza di un’associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti, finalizzata all’acquisto da diversi fornitori della provincia, principalmente di cocaina e marijuana, ed al successivo smercio sul territorio di Rocca di Neto, controllato dalla famiglia Comito radicatasi in quel contesto spaziale in regime di monopolio. Le attività di videoripresa hanno permesso di disvelare luoghi, abilmente mimetizzati nell’ambiente locale e identificabili solo attraverso la disposizione di specifici segnali disposti nelle immediate vicinanze, ove gli indagati occultavano quantitativi consistenti di narcotico ed altri nei quali ne depositavano minori quantità, per assolvere alle esigenze quotidiane di rifornimento del mercato locale.
In tale contesto, importanti evidenze investigative venivano acquisite sia con importanti sequestri di cocaina e marijuana operati dalla polizia giudiziaria sia con mirati controlli nei riguardi degli ignari clienti ripresi dalle telecamere immediatamente dopo l’acquisto, riuscendo così a sequestrare le droghe rinvenute ed a segnalare gli acquirenti alle competenti autorità. Ad ulteriore riscontro dell’attività di spaccio, nell’ambito del piano d’azione nazionale denominato Focus ‘ndrangheta, nel corso di un controllo occasionale presso il complesso residenziale della famiglia Comito, veniva recuperato un importante quantitativo di marijuana (circa 1,100 chilogrammi) nella disponibilità di uno dei sodali.
Il procedimento penale è attualmente nella fase delle indagini preliminari. All’esecuzione dei provvedimenti restrittivi disposti dalla Procura, hanno partecipato dalle prime ore dell’alba duecento donne e uomini della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione Centrale Anticrimine, appartenenti oltre che al Servizio Centrale Operativo, alle Squadre Mobili di Crotone e Catanzaro, in collaborazione con la Squadra Mobile di Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia, con il Reparto Prevenzione Crimine di Catania, Cosenza, Palermo, Siderno e Vibo Valentia, unità cinofile di Catania, Reggio Calabria e Vibo Valentia nonché con il supporto del V Reparto Volo di Reggio Calabria.
Ecco i nomi dei 18 destinatari del decreto di fermo:
- Domenico Barbaro, di 31 anni, di Rocca di Neto;
- Rosario Barberio (37), di Cirò;
- Fortunato Barone (53), di Rocca di Neto;
- Virgilio Antonio Bruno (52), di Rocca di Neto;
- Francesco Comito (33), di Rocca di Neto;
- Michele Antonio Comito (31), di Rocca di Neto;
- Michele Antonio Comito (59), di Rocca di Neto;
- Salvatore Comito (35), di Rocca di Neto;
- Umberto Comito (54), di Rocca di Neto;
- Luigi Corigliano (27), di Rocca di Neto;
- Luigi Corigliano (26), di Rocca di Neto;
- Martino Corigliano (56), di Rocca di Neto;
- Pietro Corigliano (54), di Rocca di Neto;
- Patrizia Cundari (55), di Rocca di Neto;
- Pietro Marangolo (45), di Rocca di Neto;
- Pantaleone Marino (61), di Rocca di Neto;
- Gabriele Stefanizzi (29), di Rocca di Neto;
- Giuseppe Martino Zito (52), di Rocca di Neto.
Indagati anche:
- Salvatore Benincasa (33), di Rocca di Neto;
- Michele Bernardi (43), di Pergognaga (MN);
- Francesco Bevilacqua (53), di Crotone;
- Martino Comito (58), di Rocca di Neto;
- Alessandro Curto (31), di Petilia Policastro;
- Antonio Curto (50), di Petilia Policastro;
- Antonio Donato (41), di Crotone;
- Luca Frustillo (37), di Cirò;
- Mario Vito Funaro (32), di Crotone;
- Mattia Lagani (19), di Rocca di Neto;
- Donatello Mancuso (31), di Strongoli;
- Domenico Megna (73), di Crotone;
- Antonio Piperato (29), di Scandale;
- Daniele Tallarico (29), di Casabona.
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