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BOLOGNA – Settantatré ricorsi (su 87) rigettati o inammissibili, mentre per 14 posizioni vengono disposti annullamenti con lievi ricalcoli di pene o rinvii limitatamente a pochi capi d’accusa. La Corte di Cassazione ha ampiamente confermato le condanne decise della Corte di appello di Bologna nel maxi-processo di ‘ndrangheta “Aemilia” e così pure il quadro accusatorio della storica grande operazione contro le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata calabrese in Emilia-Romagna, scattata nel 2015 con 117 arresti.
Si tratta del secondo riconoscimento della Cassazione all’impostazione accusatoria di “Aemilia”, dopo quello arrivato nel 2018 con 40 condanne definitive agli imputati che avevano scelto l’abbreviato, tra cui diversi capi e organizzatori dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana legata alla Cosca Grande Aracri di Cutro.
Per chi ha percorso la via del dibattimento la Corte di Appello di Bologna aveva inflitto a dicembre 2020 oltre 700 anni di carcere complessivi, a 91 persone. Erano 87 quelli ricorsi al terzo grado di giudizio. Tra questi Michele Bolognino, uno di coloro ai quali è stata rideterminata la pena, a 20 anni e 10 mesi, per la prescrizione di un’accusa.
Confermata la condanna a Giuseppe Iaquinta, imprenditore e padre dell’ex calciatore della Juventus e della Nazionale campione del mondo: 13 anni. Il figlio, condannato a due anni con la condizionale per irregolarità nella custodia di armi, non aveva fatto ricorso.
Tra gli imputati anche l’imprenditore modenese Augusto Bianchini (9 anni), Gaetano Blasco (21 anni e 11 mesi), Alfredo e Francesco Amato, rispettivamente 17 anni e 16 anni e 9 mesi; Giuseppe e Palmo Vertinelli, 16 anni e 4 mesi e 17 anni e 4 mesi.
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