Un'aula di tribunale
3 minuti per la letturaCIRÒ MARINA (CROTONE) – I tentacoli della filiale lombarda del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò non si sarebbero allungati sul Comune di Lonate Pozzolo. Lo dice la sentenza emessa dal gup di Milano Tiziana Gueli che ha assolto, perché il fatto non sussiste, tutti e cinque gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato nel processo scaturito dall’inchiesta che portò alla seconda tranche dell’operazione “Krimisa”, con cui gli inquirenti ritenevano di aver fatto luce su una presunta vicenda di voto di scambio politico-mafioso.
Tra loro anche Danilo Rivolta, ex sindaco forzista di Lonate Pozzolo (Varese), nel cui territorio si trova l’aeroporto di Malpensa, su cui, secondo una sentenza disposta nel settembre 2020 in un altro processo in cui è sfociata la stessa inchiesta, le mani del clan si erano allungate, tanto che allora le condanne furono 24.
Subito dopo la lettura del dispositivo, Rivolta è uscito dall’aula e ha affermato: «È ora di finirla di fare processi sul nulla in Italia. Io ho fatto solo politica – ha aggiunto – e ho aiutato in tutte le maniere il Comune. Il territorio era convalescente, ho provato a guarirlo e quando non ci sono riuscito mi sono ritrovato sotto processo». Il gup ha però ritenuto non punibile il fatto contestato soltanto perché commesso prima del 18 aprile 2014, data dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto il reato di scambio elettorale politico-mafioso.
Secondo l’accusa, in cambio del sostegno elettorale della ‘ndrangheta cirotana, il politico di Forza Italia avrebbe nominato come assessora alla cultura la moglie di uno degli esponenti di vertice del clan.
Assolti anche l’imprenditore Salvatore De Novara e la figlia Francesca, assessora del Comune, l’ex coordinatore regionale dei Cristiano Democratici Peppino Falvo e Cataldo Casoppero, che invece è stato condannato dal Tribunale di Busto Arsizio a 14 anni di reclusione in quanto ritenuto affiliato alla locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.
La pm Antimafia Alessandra Cerreti aveva chiesto pene fino a cinque anni di reclusione; secondo la sua ricostruzione Falvo avrebbe svolto la funzione di intermediario con l’ex sindaco in modo da consentirgli di vincere le elezioni del maggio 2014 con il 45 per cento dei voti, di cui 300, sempre per l’accusa, provenienti dalle famiglie calabresi. Rivolta, in cambio, avrebbe nominato come assessora alla cultura Francesca De Novara, che peraltro è anche nipote di Alfonso Murano (ucciso nel 2006 con sei colpi di pistola quando era il reggente dell’articolazione del clan a Lonate) e moglie di Cataldo Malena, “luogotenente” di Emanuele De Castro, considerato, invece, “capo organizzatore”.
L’inchiesta avrebbe fatto luce, tra l’altro, sulle missioni al Nord di Giuseppe Spagnolo, alias Peppe ‘u bandito, storico esponente di vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò, che da marzo a dicembre 2017 si sarebbe recato ben sette volte a Lonate Pozzolo per partecipare ai summit della filiale lombarda del clan e garantire la formazione di un’”unica banda” e quindi la spartizione dei proventi nella cassa comune. Il triangolo era tra Legnano, Lonate Pozzolo e Ferno, territori che i cirotani si erano ripresi dopo le scarcerazioni nell’ambito del processo Bad Boys.
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