L'ex assessore e presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini
4 minuti per la letturaCUTRO – Il cosiddetto secondo livello a cui puntava la super cosca Grande Aracri di Cutro? «Il fatto non sussiste». È stato assolto l’ex presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini, che era imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso.
È il dato che più balza all’attenzione fra le 14 condanne e le sei assoluzioni disposte dal gup distrettuale di Catanzaro Barbara Saccà a conclusione del primo grado del processo scaturito dall’inchiesta che nel novembre 2020 portò all’operazione Farmabusiness, con cui la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri riteneva di aver dimostrato che il clan sarebbe stato in grado di infiltrarsi in maniera sofisticata nel redditizio mercato farmaceutico grazie all’appoggio del noto politico catanzarese, ai tempi in cui era assessore regionale al Personale.
Per lui, come dicevamo, «il fatto non sussiste», ha sentenziato il gup, a fronte di una richiesta di condanna a 7 anni e 8 mesi di reclusione formulata dal pm Antimafia Domenico Guarascio. Incassa con ovvia soddisfazione il suo difensore, l’avvocato Vincenzo Ioppoli. «È una sentenza giusta. Con la formula più ampia possibile si prende atto della fondatezza delle argomentazioni difensive e dell’infondatezza delle contestazioni».
L’inchiesta avrebbe delineato i nuovi assetti del clan i cui vertici erano stati decapitati dopo l’operazione Kyterion del gennaio 2015. Tra le condanne spicca quella a 2 anni e 8 mesi di reclusione per l’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino (la cui posizione è stata stralciata): per il presunto colletto bianco del clan la pena richiesta era di 6 anni; ma sono state condannate anche la moglie del mammasantissima, Giuseppina Mauro, a 14 anni, e la figlia Elisabetta, sempre a 14 anni.
La pena più elevata è stata però quella a 16 anni per Domenico Scozzafava, l’antennista di Sellia Marina portatore di voti di Tallini e pertanto ritenuto la figura cerniera tra ‘ndrangheta e politica.
Le indagini condotte dai carabinieri dei Reparti operativi di Crotone e Catanzaro si erano incentrate, si ricorderà, sul consorzio Farma Italia e la società di capitali collegata Farma Eko, i cui magement sarebbero stati direttamente controllati dalla cosca.
Tallini, secondo gli inquirenti, avrebbe speso il suo ruolo di assessore regionale per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del Consorzio FarmaItalia riconducibile alla cosca Grande Aracri, ovvero la commercializzazione all’ingrosso di prodotti farmacetuci e parafarmaceutici.
Fu costituito un network con una ventina di punti vendita in Calabria, due in Puglia e uno in Emilia. Ma sullo sfondo c’era anche il progetto di truffare il Servizio sanitario nazionale esportando illegalmente farmaci oncologici e rivendendoli all’estero con profitti enormi.
Tutto nasce, manco a dirlo, nella ormai famigerata tavernetta del boss di Cutro, nel giugno 2014, dove il boss, allora in un periodo di libertà, fu monitorato dalle Dda di mezza Italia. L’inchiesta avrebbe anche disvelato il ruolo delle donne nel clan, anche se Serafina Brugnano, moglie di Ernesto Grande Aracri, fratello del boss, è stata assolta. Assolti anche gli imprenditori omonimi Gaetano Le Rose, cugini. È proprio in seguito al coinvolgimento degli stretti congiunti che il boss aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, poi ritenuto inattendibile dalla Dda proprio per il tentativo di sminuire la posizione dei suoi familiari.
Intrusioni anche nella green economy: Giuseppe Ciampà, condannato a 10 anni e 8 mesi, si sarebbe occupato del commercio di cippato da destinare alle centrali a biomasse, sfruttando false fatturazioni e consegnando denaro direttamente al boss Grande Aracri, alla moglie e alla figlia: per lui la pena è stata. E tentacoli sul gaming, a cui era preposto Santo Castagnino, mesorachese, con l’imposizione di videopoker: per lui la pena è di 10 anni e 8 mesi. Spessa pena per il commercialista del clan, Leonardo Villirillo.
Ma ecco tutte le decisioni del gup, che in molti casi vanno oltre le richieste del pm (in parentesi): 10 anni per Santo Castagnino (di 60 anni), di Mesoraca (8 anni); 10 anni e 8 mesi per Giuseppe Ciampà (44), di Cutro (8 anni); 10 anni e 8 mesi per Elisabetta Grande Aracri (40), di Cutro (10 anni); 10 anni e 8 mesi per Salvatore Grande Aracri (36), di Cutro (10 anni); 11 anni e 4 mesi per Salvatore Grande Aracri (43), di Cutro (14 anni); assolto Gaetano Le Rose (50), di Cutro (8 anni); 14 anni per Giuseppina Mauro (58), di Cutro (12 anni); 8 anni e 6 mesi anni per Pancrazio Opipari (47), di Sellia Marina (10 anni); 11 anni e 4 mesi per Salvatore Romano (34), di Cutro (14 anni); 16 anni per Domenico Scozzafava (41), di Catanzaro (16 anni); 10 anni e 8 mesi per Leonardo Villirillo (55), di Crotone (8 anni); 8 anni e 4 mesi per Paolo De Sole (48), di Roma (9 anni); assolto Domenico Tallini (69), di Catanzaro (7 anni e 8 mesi); 2 anni e 8 mesi per Domenico Grande Aracri (57), di Cutro (6 anni); assolto Tommaso Patrizio Aprile (57), di Potenza (4 anni); 2 anni e 8 mesi per Maurizio Sabato (56), di Catanzaro (8 anni); 4 anni per Donato Gallelli (47), di Catanzaro (8 anni); assolta Serafina Brugnano (45), di Cutro (10 anni); assolto Gaetano Le Rose (47), originario di Cutro ma residente nel Parmense (8 anni); assolto Pasquale De Sole, di Catanzaro (6 anni). Ha patteggiato 1 anno e 1 mese Giovanni Abramo (46), di Cutro, genero del boss, accusato di intestazione fittizia, che, in un interrogatorio reso “per motivi di giustizia” nel gennaio scorso, confermava il progetto della cosca di avvicinare Tallini.
Gli altri difensori impegnati nel processo sono gli avvocati Luigi Colacino, Mario Nigro, Salvatore Perri, Sergio Rotundo, Salvatore Staiano, Gregorio Viscomi.
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