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CUTRO (KR) – Quattro anni e quattro mesi di reclusione. È la sentenza di condanna emessa dal gup del Tribunale di Crotone Romina Rizzo nei confronti di Alfredo Minervino, il 61enne macellaio arrestato nel febbraio scorso per usura e tentata estorsione ai danni di una percettrice del reddito di cittadinanza, anche se le vittime, sempre per piccole somme di denaro, sarebbero in tutto sei.
Il pm Ines Bellesi aveva chiesto 4 anni e mezzo. L’uomo, assistito dall’avvocato Mario Nigro, nelle more del procedimento ha comunque ammesso gli addebiti e ha ottenuto la sostituzione della misura in carcere con quella domiciliare. Tutto è iniziato dalla denuncia di una 36enne cutrese che nel giugno scorso aveva perso il lavoro e si era rivolta a Minervino per un prestito di 2000 euro, a fronte del quale ne sono stati restituiti oltre 3000 in cinque mesi.
La donna, infatti, ha dichiarato agli inquirenti che l’indagato – poi divenuto imputato – le aveva chiesto la carta di credito del Rdc in garanzia e ha aggiunto di aver visto in macelleria tante altre carte di credito. Stessa strategia Minervino avrebbe adottato nei confronti di altre vittime, come emerso dalle intercettazioni eseguite dai carabinieri. Dopo la denuncia, infatti, l’utenza telefonica dell’uomo è stata monitorata.
Strozzinaggio in tempi di Covid, dunque, con le carte del reddito di cittadinanza a garanzia, unico titolo che potevano esibire i nuovi poveri non ammessi da banche né da finanziarie per l’accesso a linee di credito. Arriva prima del navigator qualcuno che all’inizio si mostra gentile e chiede di quanti soldi le vittime hanno bisogno, e poi si mostra col suo vero volto, quello rapace.
Quello, per esempio, di chi avrebbe approfittato delle difficoltà economiche in cui versava un’operatrice socio-sanitaria rimasta senza occupazione, in piena pandemia, e avrebbe preteso e ottenuto interessi usurari come compenso per un prestito di 2000 euro da restituire in cinque mesi. La somma sarebbe così lievitata a oltre 3000 euro, con un tasso del 130,8% su base annuale (10,8% mensile). Ma quell’esercizio commerciale, centralissimo, sarebbe stato il punto di raccolta per altre vittime che pur di far fronte ai debiti consegnavano nelle mani dell’imputato tutto quello che avevano: la carta di credito del Rdc.
Minervino alle cronache è già noto, essendo imputato nel processo Ciclope con l’accusa di essere stato uno dei capi di una gang dedita all’emissione di false fatturazioni.
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