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Luigi Bonaventura con la sua famiglia

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CROTONE – Il Tar del Lazio ha sospeso la revoca del programma di protezione nei confronti dei familiari del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura che era stata notificata nel giugno scorso (anche l’ex reggente della cosca crotonese ne beneficiava essendone personalmente sfornito dal 2014).

È stata accolta dalla Sezione Prima Ter l’istanza dell’avvocato Enrico Morcavallo che aveva predisposto il ricorso di Paola Emmolo, moglie di Bonaventura, contro la Commissione centrale del ministero dell’Interno per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento con cui era stata revocata la protezione speciale ai familiari del pentito.

Nel provvedimento firmato dal presidente Giampiero Lo Presti si fa riferimento alle note, risalenti allo scorso aprile, della Dda di Catanzaro e della Dna con le quali, come già riferito dal Quotidiano, si esprimeva parere favorevole alla proroga della protezione per Bonaventura considerati anche gli impegni processuali e la necessità di salvaguardare l’incolumità sua e dei suoi familiari.

Il pentito crotonese, che ha collaborato con 14 Procure, testimonia in vari processi antimafia in tutt’Italia, infatti. Il giudice Lo Presti ha ritenuto, pertanto, “la prevalenza dell’interesse alla sicurezza degli odierni ricorrenti, da assicurare mediante la conservazione degli effetti del programma di protezione, oggetto di revoca”, in vista della trattazione nel merito fissata il 6 settembre prossimo per la deliberazione collegiale della domanda cautelare.

Nei giorni scorsi si era svolta l’audizione in Commissione parlamentare antimafia del collaboratore di giustizia che al Senato si era presentato senza scorta, perché gli agenti del Nucleo di protezione non hanno accompagnato né lui né sua moglie (audita anche lei) pur trattandosi di un impegno istituzionale.

La revoca della protezione era scattata alla vigilia della deposizione in un processo in corso a Crotone, quello denominato Malapianta, contro la cosca Mannolo di San Leonardo di Cutro. Durante l’udienza il pentito aveva lanciato un appello alla Dda di Catanzaro perché fosse ripristinata ogni tutela per lui e i suoi familiari.

Durante l’audizione in Antimafia il pentito ha rilevato che le località cosiddette protette sono a rischio, facendo riferimento a scritte mafiose riconducibili a varie cosche calabresi denunciate dalla moglie un anno prima che venisse ucciso Marcello Bruzzese, fratello di Girolamo. Forse a Pesaro giunsero proprio dalla Calabria i killer che freddarono l’uomo originario di Rizziconi, congiunto di un pentito che ha svelato le trame del clan Crea, tra i più potenti della ‘ndrangheta.

Falle nel sistema di protezione, che non tutela chi spezza la catena dell’omertà e sceglie la via della denuncia, accusando e auto accusandosi, come ha fatto Bonaventura. Ma ora uno primo step della sua battaglia è stato raggiunto. E la sospensione della protezione è stata sospesa avendo il giudice ritenuto fondato il ricorso dell’avvocato Morcavallo avallandolo con un provvedimento urgente e monocratico.

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