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Un incontro tra due indagati

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CROTONE – Un’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Crotone è in corso per l’esecuzione di un decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di 12 persone.

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Le accuse, a vario titolo, sono associazione mafiosa di tipo ‘ndranghetistico, omicidio, estorsioni, usura, delitti in materia di armi, furti, danneggiamenti seguiti da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso.

L’omicidio scoperto è un caso di lupara bianca avvenuto a Petilia Policastro. Si tratta della scomparsa dell’allevatore 44enne Massimo Vona, avvenuta nell’autunno del 2018. Gli arresti sono stati eseguiti tra Petilia Policastro e Bussolengo, in provincia di Verona.

Associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsioni, usura, delitti in materia di armi, furti, danneggiamenti seguiti da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso. Sono questi i reati contestati, a vario titolo.

I nomi

Le persone fermate questa mattina dai militari del Comando provinciale carabinieri di Crotone, con il supporto di personale del Comando provinciale carabinieri di Verona, dello Squadrone eliportato Cacciatori Calabria. sono: Domenico Bruno, 49 anni di Petilia Policastro; Giacinto Castagnino, 31 anni di Petilia Policastro; Massimo Cosco, 40 anni di Pagliarelle, frazione di Petilia; Giuseppe Garofalo, 35 anni di Pagliarelle; Giuseppe Garofalo , 66 anni di Cotronei; Mario Garofalo, 45 anni di Pagliarelle; Alessandro Gelfo, 31 di Crotone; Antonio Gelfo, 58 anni, di Cotronei; Pierluigi Ierardi, 29 anni di Petilia Policastro; Ivano Mirabelli, 48 anni di Pagliarelle; Tommaso Rizzuti, 39 anni di Cotronei; Francesco Scalise, 34 anni di Petilia Policastro; Oreste Vona, 46 anni di Cotronei.

L’omicidio di Vona

L’attività investigativa avrebbe permesso di identificare il mandante ed un esecutore materiale dell’omicidio di Vona, ricostruendone le varie fasi. Il 30 ottobre 2018, la vittima, dopo essere stata attirata in un’azienda agricola in località “Scardiato” di Petilia Policastro, con il falso pretesto di consegnargli i responsabili dell’incendio appiccato nell’anno 2016 in danno del suo capannone, sarebbe stata uccisa, con almeno due colpi di arma da fuoco, dall’assassino che lo attendeva con alcuni complici ancora sconosciuti. I responsabili avrebbero, poi, proceduto alla distruzione del cadavere, mai ritrovato.

L’8 novembre 2018, in località Scavino di Petilia Policastro, i carabinieri trovarono solo la carcassa dell’autovettura dell’allevatore scomparso, completamente distrutta dalle fiamme e abbandonata in una stradina interpoderale fra gli uliveti.

Dell’omicidio Vona, Rosario Curcio sarebbe stato il mandante e Pierluigi Ierardi, tra i fermati di questa mattina, l’esecutore materiale insieme ad altri soggetti allo stato non identificati. Ierardi avrebbe attirato con l’inganno Massimo Vona nella sede della propria azienda agricola a Petilia Policastro con il falso pretesto di consegnargli i responsabili dell’incendio appiccato nel settembre 2016 da ignoti al suo allevamento di caprini. Vona, da allora, cercava i responsabili, contro i quali nutriva propositi vendicativi.

L’uomo, inoltre, avrebbe aiutato un’amica a conservare il proprio posto di lavoro presso un’impresa di ristorazione che operava nelle scuole di Petilia Policastro entrando così in contrasto con Rosario Curcio che invece pretendeva il licenziamento di alcuni dipendenti per sostituirli con persone segnalate da lui. Vona fu raggiunto da due colpi di arma da fuoco, il suo corpo fatto sparire e la sua autovettura data alle fiamme per distruggere ogni traccia.

Fermi per sventare un omicidio

Il procuratore Nicola Gratteri, intervenendo alla conferenza stampa, ha spiegato: «Abbiamo fatto luce su alcuni omicidi ma soprattutto abbiamo trovato le armi per un nuovo omicidio. Siamo stati costretti a intervenire e fare i fermi. Avevano una grande disponibilità di armi: vecchi frigoriferi pieni di armi e sotterrati».

«Siamo da parecchi anni su Petilia Policastro – ha aggiunto Gratteri – una zona a torto ritenuta a scarsa densità mafiosa. In realtà c’è una mafia forte, con un locale di ndrangheta strutturato e che si interfaccia con le cosche più forti del territorio».

Gratteri ha sottolineato: «Abbiamo documentato affiliazioni, riunioni, la presenza della “bacinella”, la cassa che serve a mantenere economicamente i detenuti in carcere; ma soprattutto abbiamo visto una enorme quantità e qualità di armi».

Gratteri ha sottolineato che non c’è stata nessuna collaborazione, ma «solo il frutto delle attività di indagine dei carabinieri». Rispetto alla posizione della consorteria mafiosa ha aggiunto: «E’ una provincia vasta ed una diffusione ‘ndranghetista capillare e pervasiva, che si rapporta abitualmente con le famiglie più potenti di Isola Capo Rizzuto».

L’organizzazione della cosca

A capo della “locale” di Petilia Policastro ci sarebbe stato Rosario Curcio, 60enne di Petilia Policastro, detto “Pilirusso”, attualmente detenuto in virtù di una condanna a 10 anni di reclusione che gli è stata inflitta nell’ambito del processo Tisifone contro le cosche del crotonese.

Per gli inquirenti Curcio era diventato il reggente dell’organizzazione nel 2014, appena tornato in libertà dopo aver scontato una lunga detenzione per omicidio e tentato omicidio. In quel momento sono arrivati i primi segnali della ripresa delle attività criminali, un’ escalation di atti intimidatori susseguitesi sul territorio, compresi quelli ricadenti nel comune di Cotronei e più segnatamente nella località turistica di Trepidò, da sempre sotto il controllo della locale petilina, un chiaro avviso che la criminalità organizzata era ancora attiva e continuava ad imporre le sue leggi.

Ad ulteriore dimostrazione della vitalità della locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro concorrono i summit con i rappresentanti di altre organizzazioni criminali della provincia crotonese, i Cirotani, gli Isolitani, il boss di Papanice, Mico Megna, per finire con la commissione dell’omicidio, con soppressione di cadavere, di Massimo Vona reo di aver ostacolato, tra le altre cose, i voleri del capo Rosario Curcio.

Il colonnello Gabriel Mambor, comandante provinciale dei carabinieri di Crotone, ha ricostruito le fasi dell’omicidio dell’allevatore: «Vona già mesi prima della scomparsa, era stato oggetto di azioni intimidatrici, come l’incendio della sua stalla nel corso del quale erano morti parecchi animali. Vona si era attivato, attraverso i contatti che aveva nella locale di Petilia, per individuare i colpevoli senza rendersi conto che si era rivolto proprio alle persone che da diverso tempo ordivano queste trame finalizzate a ridimensionarlo. Il giorno della scomparsa – ha aggiunto – era stato convocato con la scusa di portarlo al cospetto degli autori dell’incendio. Un altro episodio che si è ritorto contro Vona è stato il suo intervento nei confronti di un esercente perché non licenziasse una dipendente sua amica. Vona non sapeva che in realtà questa sua conoscente stava per essere licenziata per fare posto a persone gradite agli amici della locale di Petilia».

I carabinieri hanno inoltre documentato una serie di estorsioni a Villaggio Palumbo, nella Sila crotonese, episodi di usura e recupero crediti condotti con modalità violente ed è emersa, ha detto Mambor, «la rete di contatti che l’organizzazione aveva intessuto con cosche importanti come quella di Cirò Marina e Isola Capo Rizzuto».

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