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SAREBBE stato, probabilmente, il terzo “colpo” se i finanzieri della Sezione navale non avessero scoperto tutto sequestrando conti e indagando otto persone fisiche, tra cui un dirigente regionale e un tecnico esterno, e una persona giuridica, ovvero l’improduttiva società Hippocampus, attorno a cui ruotava una presunta truffa dei fondi europei per la pesca per l’erogazione dei quali uno dei requisiti era l’assunzione a tempo indeterminato di sette addetti. La pescheria, dopo l’inaugurale taglio del nastro, non è mai entrata in funzione.
Quella saracinesca all’inizio del lungomare è abbassata da tanto tempo. Il sequestro preventivo per equivalente ammonta a 385mila euro circa che, messi assieme ad altre due presunte truffe, già oggetto di indagini a carico di alcuni personaggi ricorrenti, lieviterebbero a un milione e 200mila euro. I sospetti dei finanzieri si appuntano intorno a una serie di elementi, a cominciare dall’entrata in azienda, dopo l’ammissione al beneficio economico, di una delle titolari che in realtà lavorava a Roma come parrucchiera.
A Crotone, invece, è imprenditrice. Ma andiamo con ordine. Su richiesta del pm Alessandro Rho il gip Michele Ciociola ha disposto il sequestro preventivo a carico degli indagati Rosanna Borza, di 56 anni, di Crotone, rappresentante legale della Rbm Costruzioni; Domenico Bruno (47), di Isola Capo Rizzuto, rappresentante legale dell’omonima ditta individuale; Fedele Caiazza (70), di Crotone, ingegnere, direttore dei lavori; Annabella Cavallo (34), di Crotone, rappresentante legale e socio accomandatario della Hippocampus; Salvatore Cavallo (44), dipendente e amministratore di fatto della Hippocampus; Saverio Danese (57), di Crotone, rappresentante legale della Contatto srl; Enrico Granata (63), di Belvedere Marittimo, ingegnere incaricato dalla Regione Calabria del collaudo tecnico-amministrativo inerente i contributi ricevuti; Rosetta Novello (47), di Crotone, titolare della New Edil; Pietro Humberto Spirlì (57), di Terranova Sappo Minulio, piccolo centro del Reggino, funzionario del dipartimento Agricoltura della Regione, responsabile del controllo di primo livello.
Sono tutti accusati di truffa poiché, nei rispettivi ruoli, mediante false fatture di acquisto di beni, falsa predisposizione di estratti conto bancari, false dichiarazioni di fornitori di beni, falsa redazione dei verbali di collaudo e di fine lavori, avrebbero indotto in errore la Regione che erogava 385mila euro, pari al 60 per cento dell’investimento.
A Granata e Spirlì è contestata l’aggravante della violazione dei doveri inerente la pubblica funzione, nell’ambito del procedimento che viaggia ormai verso la conclusione delle indagini. A Salvatore Cavallo, presunto dominus della truffa, e alla sorella Annabella, all’ingegnere Granata, al dirigente regionale Spirlì e al direttore dei lavori Caiazza viene contestato anche il falso. In particolare, Granata, in sede di verbale di collaudo, dichiarò l’avvenuto acquisto dei macchinari, la loro installazione nei tempi previsti e il pagamento delle fatture e in conseguenza di ciò Spirlì decretò l’accredito delle somme.
Ma dai controlli dei finanzieri è emerso che i beni non erano presenti né funzionanti e che i fornitori non riuscivano a giustificare manco le fatture. In un caso, addirittura, la stampante venduta dalla ditta Bruno era stata acquistata sei anni prima dalla Pontificia Università del Laterano, mentre gli acquari per i crostacei erano indicati in fattura con date successive a quelle in cui Granata attestava la loro presenza.
Sono soltanto alcuni dei grossolani stratagemmi utilizzati nel presunto progetto truffaldino. L’amara constatazione è che, se le risultanze di quattro anni di indagini – dopo vari cambi di pm titolari finalmente si arriva a un risultato apprezzabile – fossero confermate dagli eventuali sviluppi processuali, vorrebbe dire che è stata tolta a un’azienda sana la possibilità di lavorare in un settore cruciale per l’economia di una città di mare.
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