Il villaggio turistico “Serené” a Cutro del gruppo pescarese Maresca
5 minuti per la letturaCUTRO (CROTONE) – Le indagini che portarono un anno fa all’operazone Malapianta, ormai confluite in una richiesta di rinvio a giudizio per 94 persone in vista della maxi udienza preliminare che si terrà a luglio a Rebibbia per carenza di aule idonee a Catanzaro, sono andate avanti dopo gli arresti. I finanzieri del Gruppo di Crotone, coordinati dal pm Antimafia Domenico Guarascio, hanno sentito il direttore operativo del villaggio Serenè e un altro collaboratore di Silvio Maresca, uno dei titolari della holding del turismo che gestisce catene di residence in tutt’Italia, e hanno ricostruito le modalità estorsive così come si sono evolute nell’arco di un ventennio, ciò che avrebbe fatto emergere nuovi elementi, come, per esempio, il ruolo dell’imprenditore Salvatore Curcio, che “incassava” il pizzo, per poi riversarlo alla cosca Mannolo attraverso la propria ditta individuale: esecutore di lavori edili presso il villaggio Serenè di Cutro, sovrafatturava gli importi di sua spettanza in modo da “introitare”, con l’artificio contabile, le quote estorsive dell’anno.
Ma ecco, dalla viva voce dell’amministratore, il calvario fatto di pizzini da consegnare a sbrigativi esattori, di quote da consegnare con causali fantasiose e di imposizioni di assunzioni di personale senza manco curricula. L’obolo era di 50mila euro all’anno che si sarebbero spartiti il clan sanleonardese e la cosca capeggiata dal boss Nicolino Grande Aracri, al vertice della “provincia” di ‘ndrangheta di Cutro. «Mi spiegò che avrei dovuto consegnare 50.000 euro, elargiti in due tranche da 25.000 euro ogni 6 mesi, da far pervenire a Fiore Zoffreo (tra i maggiorenti del clan, ndr), per il tramite di soggetti che si sarebbero fatti vivi utilizzando messaggi manoscritti».
L’amministratore non sapeva esattamente come sarebbe stato contattato. «In occasione di ogni consegna, avrei dovuto redigere manualmente una breve distinta in cui attestavo di consegnare, con causale prestito personale, la somma di 25.000 euro, in favore di Antonio Caterisano (uno dei presunti affiliati, ndr)».
Al suo primo incarico nel gennaio 2016 l’appuntamento fu con Zoffreo, al campo sportivo di San Leonardo.
«Riferì che mi avrebbe recapitato, nei giorni successivi, una lista contenente nominativi di soggetti che avrei dovuto assumere tra il personale impiegato al Serenè Village. Il giorno successivo trovai nella cassetta delle lettere un biglietto manoscritto in cui venivo invitato a prendere un caffè a Botricello presso il bar… Quest’ultimo, mi consegnò con discrezione un foglio manoscritto piegato. In sua presenza lo aprii e scorrendo la lista, riscontrai la presenza di una serie di nominativi, approssimativamente dieci in tutto. Al fianco di ogni nominativo era riportato il numero di telefono personale. Leggendo l’elenco fui sorpreso ed ebbi una reazione di rifiuto. Non c’era alcuna indicazione sulle mansioni che i soggetti segnalati avrebbero dovuto svolgere in una struttura turistica e non comprendevo a che titolo li avrei dovuto assumere. Non era riportato un curriculum, non era apposta alcuna indicazione su potenziale ruolo. Alle mie rimostranze, Zoffreo, rispose in maniera sbrigativa dicendomi che in alcuni casi sarebbe bastato un colloquio per orientarmi sulla mansione che ciascuno poteva svolgere. Praticamente Fiore mi aveva fornito una lista di soggetti che avrei dovuto assumere. Nei modi fu affabile. Non minacciò nulla non ci furono costrizioni né pressioni. Non mi disse a che titolo era interessato all’assunzione di tali soggetti. Io non chiesi spiegazioni in quanto ero a conoscenza della situazione ambientale anche perché messo al corrente dalla proprietà. Al momento non ricordo i nominativi contenuti nella lista. Posso asserire di avere assunto alcuni soggetti inseriti in quella lista. Alcuni nominativi li scartai dopo averli contatti telefonicamente. Altri li eliminai a seguito di periodo di prova. I rimanenti furono assunti…Preciso che non ho ritenuto anomalo il fatto di avere ricevuto da Zoffreo una lista di nominativi da assumere perché sulla base di quanto riferitomi dalla proprietà il medesimo era lo stesso a cui avrei dovuto consegnare i 50.000 euro direttamente o indirettamente. Ho semplicemente ritenuto che la circostanza fosse da ascrivere agli accordi intercorsi. Infatti, non ho specificatamente informato della circostanza la proprietà, trattandosi di figure professionali di basso profilo di cui comunque l’azienda aveva bisogno».
Il direttore del villaggio ha ripercorso con chiarezza le dinamiche della consegna di cinque canoni estorsivi, versati in prima persona. Venivano utilizzati pizzini appositamente occultati nel villaggio, comunicati al direttore della struttura ricettiva. «Il giorno seguente trovai un altro “biglietto” nella cassetta postale. Il documento manoscritto mi avvertiva che avrei dovuto effettuare una consegna nel successivo mese di febbraio. Rientrato in Pescara notiziai la proprietà della missiva pervenutami e concordammo la consegna del denaro da corrispondere prima della mia partenza. Prima di scendere in Calabria mi fu consegnata una busta con il denaro di spettanza che dovevo far pervenire a Zoffreo».
La solita dazione di 50mila euro in due tranche, che in un caso fu consegnata a due persone in moto. Ecco la scena, che sembra da film ma è drammatica realtà. «Il soggetto a volto scoperto mi venne incontro e prelevò la busta contenente il denaro unitamente ad una ricevuta da me redatta secondo le indicazioni fornitemi dalla proprietà a cui mi sono sempre attenuto. Il consegnatario della busta prontamente la consegnò al soggetto con il casco che era rimasto sulla moto accesa, ferma a 20 metri circa di distanza. L’individuo siglò la ricevuta, la consegnò al soggetto guidatore e quest’ultimo me la porse. Mi allontanai dopo la moto e notai che il mezzo era privo di contrassegno identificativo. Durante l’intera fase dello scambio non fu profferita una sola parola e notai che il soggetto che mi si avvicinò scrutò per bene la mia persona forse per scorgere registratori o telefonini in vista. Ribadisco che tutto avvenne nel più assoluto silenzio e molto velocemente».
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