La processione di San Cataldo
4 minuti per la letturaProcessione deviata a Cirò per passare sotto casa dei capomafia, la Curia avvia accertamenti mentre i familiari di Farao protestano
CIRÒ (CROTONE) – «Il diritto di manifestare la propria religiosità non può essere limitato da nessuno». Parola dell’avvocato Mariano Salerno, investito da Filomena Coco, moglie di Vittorio Farao, per replicare al vespaio innescatosi in seguito alla deviazione del percorso della processione in onore di san Cataldo del 9 maggio scorso. Una vicenda finita sotto la lente della Dda di Catanzaro dopo una segnalazione dei carabinieri della Stazione locale, come già riferito dal Quotidiano.
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Vittorio Farao, condannato a 20 anni di carcere anche in Appello nel processo Stige, è il figlio di Silvio, uno dei boss ergastolani al vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò. La querelle nasce proprio in seguito al fatto che il corteo sarebbe fuoriuscito dal percorso tradizionale, concordato con le autorità, per soste dinanzi alle abitazioni di alcuni imputati del processo che ha disarticolato la ‘ndrangheta cirotana.
La signora Coco, che è andata anche a protestare in caserma, non ci sta e parla per bocca del suo legale. «Un conto è Vittorio Farao che sta scontando la sua pena in silenzio. Un conto sono sua moglie che è molto religiosa e i figli che sono studenti modello e hanno diritto a una vita normale – afferma l’avvocato Salerno –. Il tavolo votivo era stato prenotato dalla signora e il parroco, don Matteo Giacobbe, aveva assicurato che il corteo sarebbe passato».
«Ma a un certo punto il santo non si è più fermato. Il parroco ha detto che c’erano ordini dall’alto e che ne avrebbe parlato in chiesa con la signora, che però in chiesa non è andata, è andata in caserma a protestare per quella che ritiene una mortificazione inutile. Lo scorso anno non allestì il banchetto proprio per evitare polemiche – aggiunge l’avvocato Salerno – ma questa famiglia non può portare un marchio per tutta la vita. Altrimenti passa il concetto che qua sono tutti infettati di ‘ndrangheta e che per entrare in chiesa bisogna necessariamente dissociarsi dal marito o dal papà».
PROCESSIONE DEVIATA A CIRÒ, LA CURIA NON PARLA MA AVVIA ACCERTAMENTI
Sarà. Nessun commento, invece, dall’arcivescovo di Crotone e Santa Severina, monsignor Angelo Panzetta. Prima di pronunciarsi pubblicamente, l’arcivescovo vuole accertare i fatti. Poi l’Arcidiocesi diffonderà un comunicato. Ma di certo monsignor Panzetta non è rimasto indifferente, dopo il clamore mediatico suscitato da quanto accaduto alla processione di Cirò. Il parroco della chiesa Santa Maria de Plateis, secondo la segnalazione dei carabinieri della Stazione locale alla Dda di Catanzaro, sarebbe fuoriuscito arbitrariamente dal percorso del corteo religioso che, contrariamente a quanto concordato con le autorità, sarebbe passato sotto le case di presunti affiliati al “locale” di ‘ndrangheta di Cirò, già arrestati – e poi condannati – nell’operazione “Stige”.
In particolare, la processione si sarebbe snodata anche in via Tafanè, nelle vicinanze dell’abitazione di Basilio Paletta, attualmente in stato di libertà, e in via Canali, per una breve sosta dinanzi all’abitazione di Vittorio Bombardiere, agli arresti domiciliari. Dinanzi casa di Bombardiere era stato allestito un tavolo dove appoggiare la statua del santo per il banchetto. La processione, questo vuole la tradizione, si ferma nei pressi del banchetto, su cui i portantini poggiano la statua. Il parroco benedice il tavolo e la famiglia che lo ha preparato. Di solito si offrono dolciumi tipici – che chiamano “cuddruriaddri” – e bibite ai fedeli in processione. Ma si fanno anche offerte di denaro al parroco.
I militari impegnati nel servizio di ordine pubblico hanno quindi richiamato il sacerdote al rispetto dell’itinerario preventivamente concordato. Quindi, mentre lasciavano il luogo della cerimonia per documentare l’accaduto, hanno constatato, passando da via S. Elia, la presenza di un tavolo analogo allestito presso l’abitazione di Vittorio Farao, attualmente detenuto a Trapani e ritenuto esponente apicale della consorteria criminale. Da lì i carabinieri non hanno fatto passare il corteo. Poco dopo, la moglie di Vittorio Farao è andata in caserma a protestare. Perché, a causa del divieto del comandante della Stazione dei carabinieri, il parroco aveva impedito la sosta della processione sotto casa sua.
La vicenda sta facendo discutere anche perché si ripropone il tema delle processioni religiose, spesso oggetto di odiose strumentalizzazioni funzionali al consenso mafioso. Ma c’è anche chi, specie sui social, se la piglia con l’intervento dei carabinieri: «cosa c’entra la legge con la religione?».
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In una cittadina come Cirò il parroco dovrebbe dare l’esempio, ma questo
atteggiamento ti fa capire che è peggio il prete è peggio di un mafiose.
L’ignoranza non ha limiti.