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Il luogo dell'agguato costato la vita a Mario Scarriglia

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CROTONE – Parlavano, parlavano, parlavano, senza sapere che gli investigatori, che li avevano convocati in Questura per interrogarli, sentivano e vedevano tutto.

Nel novembre 2015 fu intercettata anche la scena in cui Mario Scarriglia, il giovane assassinato ieri mattina nella sua ditta di pompe funebri – fratello di Giovanni e Vincenzo, i due arrestati per l’agguato a Fondo Gesù ai danni di Piero Ranieri, e fratello, anche, di Simona, ex moglie del ferito – si inginocchia, nella saletta d’attesa, davanti ad Andrea La Forgia, per il timore di ritorsioni, consapevole del rischio che suo fratello Gianluca, marito della donna che era sul luogo del raid insieme al figlioletto di sei anni, avrebbe potuto vendicarsi per quanto accaduto al piccolo, ferito di striscio ma, a quanto pare, non dai colpi d’arma da fuoco (era stato raggiunto a un orecchio da un vetro rotto).

Era monitorata dagli inquirenti, la sala d’attesa, dove erano state piazzate le microspie, e i testi, reticenti durante gli interrogatori, erano loquaci nel commentare con dovizia di particolari il fattaccio. Ma, nonostante l’atteggiamento di sottomissione, a La Forgia non andava giù l’episodio.

«Ti rispetto, però, quello che è successo… non è facile da digerire». E quando Mario Scarriglia obiettava che «si possono chiarire le cose», Andrea replicava: «con i grandi sì, ma con i ragazzi no… la macchina come l’aggiusto, sparata». «L’aggiusto io la macchina», si offre Scarriglia. «No, la brucio».

È da questa conversazione che i poliziotti della Squadra Mobile apprendono il nome di Giovanni Scarriglia quale possibile autore del raid. «Non me lo pensavo a Gianni – dice Andrea, che era sul luogo dell’agguato anche se agli inquirenti ha riferito di non trovarsi lì – se la poteva risparmiare. E manda le persone e dice che gli hanno alzato le mani a tua madre, c’ero io quel giorno e non gli ha alzato le mani a tua madre».

Già, «le bugie hanno le gambe corte», incalza Andrea La Forgia censurando le modalità scomposte dell’agguato compiuto da Giovanni Scarriglia, che avrebbe sparato, poco dopo le 20, in mezzo alla folla, all’impazzata. «Se lo portava da un’altra parte… dieci minuti prima… e l’hai fatto davanti al balcone e i figli miei…. quando si manda una persona si manda una persona con i coglioni, non ti offendere… non si manda un coglione… perché uno che spara davanti ai bambini non è un cristiano».

«Come no… giusto», ammette il fratello dei due indagati, che poi sarebbero divenuti imputati. Ma La Forgia continua a criticare aspramente Giovanni Scarriglia. «Ha creato un caos… bambini che correvano… se c’eri tu l’ammazzavi fratello e buono… che per correre è sbattuto ad un palo della luce, a piedi… gli ha menato pure alla gamba… ma menagli una botta dritta al cervello e te ne vai… no che vuoi fare il cowboy».

E quando il racconto prosegue con il riferimento al fatto che il piccolo avrebbe detto «papà, guarda, ho il sangue di zio», Mario Scarriglia si prostra. «Andrè, io mi inginocchio… non mi sono mai messo in ginocchio…. abbiamo mancato ma non c’è niente contro di voi… c’è stima tra di noi». Il resto è cronaca.

Laforgia sarebbe divenuto uno dei capi della banda stangata per un altro fattaccio, l’agguato al Gesù del gennaio 2018, e per traffici di droga all’ombra dei clan. Sul versante Scarriglia, invece, in primo grado, Giovanni fu condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per il tentato omicidio di Ranieri, ridotto a 5 in Appello, e il fratello Vincenzo fu assolto.

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