Il luogo dell'agguato
3 minuti per la letturaSAN NICOLA DELL’ALTO – In un paesino di 600 anime che alla viglia delle scorse festività natalizie è piombato nell’incubo c’è paura anche di uscire di casa.
L’incubo si è materializzato dopo il massacro di un padre e un figlio, Francesco e Saverio Raffa, rispettivamente di 59 e 35 anni, gli allevatori incensurati freddati nel pomeriggio del 22 dicembre scorso (LEGGI LA NOTIZIA). Un fatto così grave le memorie storiche del paese non lo ricordano. Ma dopo che si è sparsa la notizia che c’è una persona sospettata – il Quotidiano ha già riferito di un indagato a piede libero – la gente è terrorizzata e attende con ansia l’evoluzione degli eventi. Perché in un paesino di 600 anime, in cui tutto sanno tutto di tutti, è facile incontrarsi. E’ facile che gli sguardi s’incrocino.
E c’è chi teme di incrociare proprio quello dell’assassino, o degli assassini, e vive questo limbo con angoscia. I carabinieri sospettano che il “loro” uomo abbia accoltellato, alcune settimane prime del massacro, un amico del più giovane dei due uccisi, e che fosse proprio quest’ultimo l’obiettivo predestinato. L’uomo finito al centro dei sospetti aveva, dunque, avuto una lite con un ragazzo della comitiva di Saverio Raffa, anche se l’episodio potrebbe essere del tutto scollegato con il duplice omicidio.
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Il padre, come chiarito dall’autopsia eseguita dal medico legale Massimo Rizzo sul marmo dell’obitorio di Crotone, è stato assassinato sul colpo, con una fucilata che l’ha raggiunto al collo mentre era alla guida del suo pick-up Suzuki; il figlio ha tentato di scappare, ma il sicario che ha sparato con l’arma, caricata a pallettoni, lo ha preso al fianco sinistro, quando era ormai fuori dall’abitacolo.
Nei confronti dell’indagato è stato già eseguito l’esame stub dai carabinieri, alla ricerca di tracce di polvere da sparo, e accertamenti sarebbero stati svolti anche ai fini della prova del Dna per risalire all’identità di colui che, appostatosi in un tratto in curva della strada provinciale che da Pallagorio, dove le vittime avevano un fondo, porta a San Nicola dell’Alto, dove abitavano, ha fatto fuoco con una determinazione estrema di nuocere.
Probabilmente non si conosce l’esito degli accertamenti, oppure l’esito è negativo. L’unica cosa certa in questa fase delle indagini è che le modalità del delitto sembrano ricalcare il collaudato modus operandi della ‘ndrangheta, ma i carabinieri escludono che l’agguato sia maturato in un contesto mafioso. L’indagato, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe, infatti, un’indole violenta; è stato già condannato in via definitiva per un tentato omicidio risalente a circa 25 anni fa mà poi derubricato a lesioni d’arma da taglio.
Si professa innocente e, da quanto è stato possibile apprendere, ha chiesto egli stesso di essere sottoposto a stub. Sul duplice delitto compiuto pochi giorni prima di Natale nel paesino incastonato tra le colline dell’Alto Crotonese, i carabinieri della Stazione locale e i loro colleghi della Compagnia di Cirò Marina e del Reparto operativo di Crotone, diretti dal pm Giampiero Golluccio, stanno conducendo indagini serrate in attesa dei riscontri dai laboratori scientifici. Sono stati indaffaratissimi nel ricostruire le ultime ore di vita e gli ultimi movimenti delle vittime, non solo attraverso l’escussione di parenti e conoscenti ma anche attraverso la visione delle immagini degli impianti di videosorveglianza della zona, comprese quelle registrate dalle telecamere installate in Municipio. Chi poteva volere del male, dunque, a due onesti lavoratori, impegnati nelle loro attività da mattina a sera? La risposta questo interrogativo potrebbe non tardare ad arrivare. La invoca tutta una comunità, che nell’immediatezza della tragedia ha marciato composta contro la violenza.
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