La lettura della sentenza
3 minuti per la letturaCROTONE – È il giorno della maxi sentenza che dovrà dare certezze sulla presenza della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna, così come già sancito dalla Cassazione che ha condannato i 46 imputati che avevano scelto i riti alternativi.
Nella lunga lettura del dispositivo, in corso a Bologna, le prima condanna eccellente riguarda l’ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del Mondo Vincenzo Iaquinta; per lui il giudice ha stabilito una pena a due anni nel processo di ‘Ndrangheta “Aemilia”. La Dda aveva chiesto sei anni, per reati di armi. Complessivamente le condanne sono 118, 24 le assoluzioni e cinque le prescrizioni. Una sentenza che in sostanza conferma l’impianto accusatorio e con esso l’esistenza di una ‘ndrna attiva in Emilia Romagna diretta emanazione della cosca dei Grande Aracri di Cutro.
Il padre dell’ex calciatore, Giuseppe Iaquinta, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato invece a 19 anni. Padre e figlio se ne sono andati dall’aula del tribunale di Reggio Emilia urlando «vergogna, ridicoli» mentre è ancora in corso la lettura del dispositivo.
«Il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente». Così Vincenzo Iaquinta fuori dal tribunale dopo la condanna.
Il commenta a caso di Carlo Taormina, difensore di Iaquinta, si sferra contro la sentenza denunciando come «raramente lo dico ma questa è una sentenza che grida vendetta ed è scontato che faremo ricorso. Non so come abbiano potuto dare questa pena quando si è trattato di aver omesso di comunicare alla polizia che l’arma, una pistola regolarmente detenuta con porto d’armi, era stata trasferita in un’altra località per motivi di sicurezza – spiega Taormina – Cioè Vincenzo Iaquinta era a Torino e il padre di sua iniziativa aveva preso la pistola dalla casa del calciatore per custodirla nella sua cassaforte, perché essendo la casa del figlio vuota, aveva paura che entrassero i ladri e gliela rubassero».
Taormina ha anche sostenuto che «io ero tranquillo che sarebbe stato assolto perché non c’è un elemento che potesse autorizzare a questa decisione»,
Quanto alla posizione del padre dell’ex calciatore campione del mondo, Taormina sottolinea che «Giuseppe Iaquinta, che fu sottoposto a ordinanza di custodia cautelare in carcere, fu poi scarcerato dalla Cassazione per mancanza di indizi. È stato accertato che non ha avuto nessun rapporto né di lavoro, né di interesse con gli altri indagati – conclude Taormina – Aveva rapporti da padre del campione del mondo ed era corteggiato da tutti».
LA sentenza
Oltre 1.200 anni di carcere inflitti dal collegio giudicante nel processo Aemilia. A quanto risulta dal dispositivo letto in tribunale a Reggio Emilia: si tratta di 118 condanne in rito ordinario (la più alta a 21 anni e otto mesi) e di altre 24 in abbreviato per 325 anni, per reati commessi dal carcere durante il processo. Le sentenze hanno sostanzialmente ricalcato le richieste dei pm della Dda Beatrice Ronchi e Marco Mescolini.
Nel rito ordinario sono state 24 le assoluzioni del collegio presieduto da Francesco Maria Caruso e composto dai giudici Cristina Beretti e Andrea Rat, per cinque imputati non si procederà perché i reati sono prescritti, mentre un imputato è deceduto prima della sentenza. La pena più alta è stata inflitta a Carmine Belfiore, 21 anni e otto mesi. Condannati, tra l’altro, Gaetano Blasco (21 anni), Michele Bolognino (20 anni e 7 mesi) e Giuseppe Iaquinta (19 anni), imprenditore e padre dell’ex bomber. Nell’abbreviato, con sconto di un terzo della pena, 16 anni e 4 mesi per Gianluigi Sarcone e a 16 anni per Palmo e Giuseppe Vertinelli.
I pm nella loro requisitoria avevano ricostruito l’esistenza di una cellula radicata di ‘Ndrangheta al nord e in particolare in Emilia, autonoma e organizzata.
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