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Legami tra le cosche di Isola e la camorra, Scarface in carcere intesseva l’alleanza con il clan Ciccarelli Russo di Caivano
ISOLA CAPO RIZZUTO – Pasquale Manfredi detto “Scarface”, il bazookista del clan Nicoscia, voleva inserirsi in quell’enorme piazza di spaccio che è il Parco Verde di Caivano grazie ad alleanze intessute in carcere col clan camorristico Ciccarelli-Russo. Emerge anche questo dalle carte dell’inchiesta che ha portato all’operazione Blizzard-Folgore, con cui è stato inflitto un duro colpo alle cosche di Isola Capo Rizzuto. L’indagine condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro è rilevante anche perché dimostra quanto le mafie siano capaci di fare rete.
Dai colloqui captati nel carcere di Livorno, verrebbe fuori che il killer ergastolano era intenzionato ad intraprendere una collaborazione con esponenti del clan campano anche nella vendita di cocco nelle spiagge di Isola Capo Rizzuto e nel settore del commercio di carburanti e della raccolta differenziata di rifiuti. In particolare, voleva affidare la logistica a Luigi Masciari, la figura che emerge dall’inchiesta per le sue capacità affaristiche. Masciari avrebbe dovuto mettere al servizio di sei famiglie campane un capannone presso cui stoccare e rompere il frutto.
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SCARFACE DA ISOLA AL CARTELLO DI CAMORRA DI CAIVANO
Ma il settore più lucroso era quello del narcotraffico. Manfredi non a caso evidenziava che gli esponenti del cartello di Caivano erano in grado di movimentare dai 30 ai 40 chili di cocaina al mese. A dimostrare che avesse intrapreso questa alleanza nel circuito carcerario concorre, secondo gli inquirenti, I’acquisto di una mini-moto in favore del figlio di un leader del clan camorristico di Caivano quale forma di riconoscimento per l’aiuto prestato ad Antonio Manfredi, figlio di Pasquale, in occasione di una lite nel carcere di Voghera. La moto arrivò a destinazione, al Parco Verde.
AFFARI IN SPAGNA CON I GALLACE
Di traffico di stupefacenti si sarebbe occupato anche Masciari, che, a quanto pare, non era soltanto l’amministratore (anche di fatto) di numerose imprese, operanti in disparati settori economici funzionali alla commissione di illeciti di natura finanziaria, i cui proventi venivano, in parte, destinati alla cosca. E i legami erano anche con l’aristocrazia della ‘ndrangheta, non solo con i napoletani.
Nel corso di una conversazione intercettata, Masciari si sarebbe “vantato”, infatti, di aver svolto operazioni in collaborazione con Antonio Gallace, esponente dell’omonima cosca di Guardavalle, per la movimentazione di un container con un carico di droga. In particolare, Masciari avrebbe accompagnato in Spagna un esponente della cosca Libri di Reggio Calabria per trasportare il codice del container. Inoltre, nell’ambito di questa operazione, avrebbe trasportato una valigetta contenente cinque milioni di euro, ricevendo un compenso di 50mila euro. Anche di questo Masciari parlava nel carcere di Livorno durante una visita a “Scarface”.
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