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Aula del maxi processo Aemilia

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In 1 anno 80 interdittive nel Reggiano riconducibili alle cosche di Cutro. Allarme per le scarcerazioni di Aemilia

CUTRO – Sono state 80, nel 2024, le aziende destinatarie di interdittive antimafia a Reggio Emilia, meta dell’esodo di migliaia di cutresi emigrati ed epicentro della super associazione mafiosa capeggiata dal boss ergastolano Nicolino Grande Aracri.
Segno evidente che la piovra cutrese, su cui si è incentrata il maxi processo Aemilia, il più grande, per numero di imputati, mai celebrato contro le mafie in Nord Italia, nonostante sia stata sepolta da condanne a raffica per svariati secoli di reclusione, continua a disporre di enormi capitali. Che tenta di reimmettere nell’economia apparentemente legale attraverso le proprie imprese di riferimento. Il dato è stato reso noto dalla prefetta Maria Rita Cocciufa dal contenitore speciale “Tv 7” del Tg1 ed è destinato a fare discutere per una serie di motivi.

Sotto la lente della task force da lei presieduta sono finite soprattutto «aziende edili in cui sono tutti parenti e che, anche nei rapporti contrattuali, intrattengono contatti con altre imprese gestite dalla criminalità organizzata», ha spiegato la prefetta. Cocciufa ha anche lamentato che la presenza di molte aziende edili legate alla ‘ndrangheta starebbe complicando l’assegnazione dei fondi del Pnrr, che ammontano a un miliardo e 400 milioni di euro con oltre 2000 progetti pianificati.

INTERDITTIVE NEL REGGIANO, I PRECEDENTI

Il dato delle interdittive nella provincia reggiana, legata da un filo rosso con quella crotonese, va letto in rapporto con quello dell’anno precedente. Quando i provvedimenti erano stati 144. Se ci rifacciamo alla mappa stilata nell’ultima relazione della Dia, relativa al primo semestre 2023, con 26 provvedimenti la Calabria è la quarta regione nella classifica. Ma l’Emilia Romagna è al secondo posto, con 53 provvedimenti.
Al primo posto troviamo la Campania, con 77 interdittive, seguita appunto dall’Emilia Romagna che, come l’anno scorso, quando era addirittura prima, ha ormai scalzato regioni come la Sicilia, terza con 45 provvedimenti, e la Calabria, quarta appunto con 26. Come era accaduto, per la prima volta, anche nei due semestri del 2022, l’Emilia Romagna, pur passando da prima a seconda, si conferma una delle regioni in cui maggiormente si concentrano i provvedimenti spia dell’infiltrazione mafiosa nell’economia.

Il dato emiliano è riconducibile all’influenza della ‘ndrangheta di matrice cutrese, facente capo alla cosca Grande Aracri, egemone soprattutto nella provincia di Reggio Emilia, dove si concentra il 70% delle interdittive emesse in tutta la regione.

LE SCARCERAZIONI

In Emilia è allarme anche perché diversi degli imputati del maxiprocesso Aemilia stanno riacquistando la libertà. In particolare, uno dei capi della filiale emiliana della cosca Grande Aracri, il 63enne Antonio Gualtieri, è stato riarrestato 20 giorni dopo aver terminato di scontare la pena di 12 anni inflittagli nel maxi processo Aemilia.

L’ex braccio destro del boss Nicolino Grande Aracri è stato portato in carcere dalla Squadra Mobile di Reggio Emilia perché accusato di una tentata estorsione da 190mila euro aggravata dal metodo mafioso. Si era rimesso all’opera, secondo l’accusa, una volta espiata la pena (in parte ai domiciliari in virtù di gravi problemi di salute) per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, ricettazione ed emissione di fatture false.

Gualtieri è considerato la mente imprenditoriale della cosca, poiché era colui che veniva incaricato di organizzare i principali affari illeciti e le principali operazioni finanziarie, in cui confluivano i proventi illeciti di una consorteria criminale dalla vocazione spiccatamente imprenditoriale. Appena rimesso in libertà, avrebbe tentato di riscuotere un credito di circa 190mila euro vantato da un suo familiare nei confronti di un agente immobiliare.

ALLARME ANCHE A CUTRO

Lo stesso allarme si registra a Cutro, casa madre della super associazione mafiosa, in un contesto in cui la situazione è più fluida rispetto a un tempo poiché il capo supremo di quella organizzazione criminale sembra essere stato soppiantato dopo il tentativo di collaborare con la giustizia rivelatosi peraltro una farsa.

Dalle conversazioni intercettate nell’ambito di una recente inchiesta della Dda di Catanzaro, emerge che gli imprenditori vittime di estorsioni, a colloquio tra di loro, confessano le loro paure, al punto da manifestare, in alcuni casi, l’intenzione di andare via da un paese che rischia di diventare invivibile. «Io mi devo mettere da parte 100mila euro e me ne vado… Non ci voglio rimanere più qua io… Che devo fare qua? Ma stiamo scherzando? Poi vedi come si trovano tutti insieme…Tra un altro anno ancora peggio è…ora esce il fratello di quell’altro…da Aemilia ne escono… E tutti qua li mandano… Tutti qua si raccolgono, è assodato».

MANEGGIARE CON CURA

L’influenza criminale della super associazione mafiosa, anche e soprattutto al Nord Italia, è ancora forte.  A dare un’idea della «evidente infiltrazione» della ‘ndrangheta in Emilia Romagna è l’escalation di misure interdittive che si concentrano soprattutto nella provincia di Reggio Emilia, epicentro al Nord della cosca Grande Aracri.

Ma le interdittive sono «da maneggiare con cura», ha spiegato il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, nel corso della sua audizione in Commissione parlamentare antimafia svoltasi nei mesi scorsi. Amato ha messo bene in luce che la presenza mafiosa in Emilia è dimostrata non solo dall’inchiesta Aemilia, ma anche dall’intensa attività svolta dai prefetti emiliani. E ha ricordato il dato delle 266 interdittive in Emilia Romagna grazie alle quali la regione si era già collocata al terzo posto in Italia, subito dopo Campania e Calabria. Amato, che ritiene «indiscutibile» l’importanza delle misure interdittive, si dice certo che la misura vada «coniugata» con la «prevenzione collaborativa», che «si affianca idealmente» a strumenti di bonifica aziendale previsti dal codice antimafia come l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario.

LEGGI ANCHE: Ndrangheta in Emilia, «Interdittive importanti ma da maneggiare con cura» – Il Quotidiano del Sud

LA MOBILITAZIONE

In questo contesto è nata l’associazione “Clm”, che sta per contro le mafie. Sono un gruppo di imprenditori prevalentemente cutresi, da tempo emigrati in provincia di Reggio Emilia, esclusi da white list o sottoposti a interdittive antimafia, o i cui stretti congiunti hanno imprese accusate di essere “controindicate”. «Non chiediamo meno interdittive – dicono – ma invitiamola comunità cutrese a denunciare gli abusi della criminalità organizzata, per dire alle istituzioni che siamo con loro e non contro di loro».

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