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Veneranda Verni

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Una donna reggente della cosca di Cutro sgominata con l’operazione Sahel, era pronta a innescare una guerra di mafia, chi è Veneranda Verni


CUTRO – Una donna era pronta a innescare una guerra di mafia. Avrebbe gestito in prima persona le estorsioni. E incamerato i proventi del traffico degli stupefacenti. Era spesso Veneranda Verni a fare “visita”, insieme ai figli Salvatore e Francesco Martino, a piccoli imprenditori e commercianti da taglieggiare. Quando si presentava in carcere dal marito, Vito Martino, dal quale, sempre insieme ai figli, riceveva le direttive durante i colloqui, mostrava banconote da 50 euro per far vedere che la gente ancora portava cesti natalizi con “doni”, in segno di deferenza alle famiglie di ‘ndrangheta. E non avrebbe risparmiato reprimenda a chi si rendeva responsabile di una cattiva gestione del mercato della droga. Il profilo significativo di una donna di mafia emerge dalle carte dell’inchiesta dei carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Crotone e della Dda di Catanzaro che hanno condotto l’operazione Sahel.

Non è una novità inedita nella cosca capeggiata dal boss Nicolino Grande Aracri. Perché da altre inchieste è emerso il ruolo della moglie e di una figlia che non svolgevano funzioni gregarie ma, quando il mammasantissima è detenuto, diventavano reggenti del sodalizio. Ma in una nuova fase, da lei stessa sottolineata come “un altro libro”, iniziata dopo il pentimento farsa di Grande Aracri e la sua conseguente perdita di prestigio negli ambienti criminali, è Verni che, insieme ai figli, tira le fila dell’organizzazione che si rimetteva all’opera con estorsioni, preparando il terreno all’ascesa del marito detenuto.

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Ma il timore di una nuova guerra di mafia c’era. «E io devo combattere un’altra guerra? Non me ne è bastata una? Mi arriva tutta la squadra qua. Di nuovo ammazziamo, scanniamo, tiriamo?». A parlare era sempre Veneranda Verni che teme che la scarcerazione del marito possa dare la stura alla ripresa dei contrasti tra cosche a Cutro e rievoca gli anni di piombo, durante i quali il coniuge, Vito Martino, ebbe un ruolo da protagonista essendo stato uno dei componenti del gruppo di fuoco della famiglia Grande Aracri. Mentre ricorda che una guerra di mafia le è bastata, ride.

Ma si preoccupa quando i figli stanno per andare all’incontro di chiarimento col boss Domenico Megna a Papanice e redarguisce uno di loro, Francesco, per il suo comportamento irriguardoso con l’anziano capomafia che forse gli era costato l’incendio dell’auto sotto casa. Ad essere pienamente consapevole della situazione fluida che si era venuta a creare è lei. Sa che la contrapposizione è con la famiglia Ciampà che sta rialzando la testa, dopo aver perso le guerre del passato.

Ma è anche pronta a scatenare il finimondo. «Se qualcuno si è permesso, scoppierà una guerra», dice a colloquio con un’amica nei giorni successivi all’incendio dell’auto del figlio.

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