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«Contiguità» della Prociv-Arci di Isola Capo Rizzuto con la Misericordia travolta dall’inchiesta Jonny, la «cosca Arena voleva riprendersi il Cara Sant’anna»
ISOLA CAPO RIZZUTO – La cosca Arena puntava a controllare ancora il Centro d’accoglienza ossia il Cara nella località Sant’Anna, struttura per migranti fra le più grandi d’Europa. Il tramite stavolta sarebbe stata la Prociv-Arci di Isola Capo Rizzuto, essendo emersi rapporti di parentela e affinità e interessi economici di 18 soci volontari, su 28, con personaggi legati ad ambienti controindicati o che hanno operato alle dipendenze del precedente ente gestore, la Misericordia, già travolta dall’inchiesta antimafia “Jonny” con arresti e condanne. Elementi di “criticità”, insomma, ma anche di “contiguità” tra Prociv e Misericordia. Questo è quanto emerge dall’interdittiva antimafia fatta notificare dalla Prefettura di Crotone all’associazione che, insieme alla società Translator di Agrigento, faceva parte del raggruppamento che un anno fa si aggiudicò la gestione per un importo di 5.976.043 euro per 24 mesi.
Il provvedimento recepisce le risultanze di accertamenti svolti dalla Dia di Catanzaro, che ha continuato a indagare su tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’appalto anche dopo l’operazione di “self cleaning” con la rimozione dei vertici e alcuni licenziamenti, dietro i quali gli inquirenti ipotizzano una “regia collettiva” proprio al fine di eludere l’interdittiva, il cui iter era stato avviato con una comunicazione antimafia.
LA COSCA ARENA VOLEVA “RIPRENDERSI” IL CARA SANT’ANNA
I sospetti si sono appuntati, innanzitutto, sulla figura della presidente Caterina Tambaro, di Cutro, poi dimessasi, già dipendente dell’impresa Rocca srl di San Mauro Marchesato, operante nel settore dei rifiuti e sottoposta ad amministrazione giudiziaria, in seguito all’operazione Stige, per presunti legami con la cosca Grande Aracri. Tambaro, inoltre, ha costituito nel 2014 la cooperativa sociale Deveta insieme, tra gli altri, alla moglie di Francesco Arena, assassinato in un agguato di mafia nel marzo 2000 e ritenuto un esponente di vertice del clan isolitano. Cugina di Giuseppe Pallone, coinvolto nell’inchiesta Aemilia per associazione mafiosa, è nipote acquisita della sorella della suocera dell’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del capo crimine ergastolano che voleva fondare una nuova “provincia” di ‘ndrangheta. Inoltre, è nipote di Giuseppe Tambaro, già denunciato per associazione mafiosa.
La segretaria Eugenia Ranieri, dimessasi pure lei, è l’ex moglie di un cugino di Mario Gemelli, cognato di Leonardo Sacco, già governatore della Misericordia di Isola e vice di quella nazionale, condannato per mafia nel processo Jonny.
Il vicepresidente dimissionario Anselmo Rizzo (già vicesindaco di Isola) è quello di cui, stando a un’intercettazione captata nell’inchiesta Jonny, si parla a proposito di 400mila euro che alcuni imprenditori del catering già condannati per l’affaire Misericordia gli avrebbero consegnato per aggiudicarsi l’appalto del Cara. In quell’intercettazione si faceva riferimento al boss Pasquale Nicoscia come colui a cui bisognava fare riferimento, all’epoca, per gestire l’appalto.
IL RUOLO DI ANSELMO RIZZO
Rappresentante legale della Misericordia dal ’97 al ’99, Rizzo è vicepresidente della Socialcoop presieduta da Fortunato Geraldi, già consigliere della Prociv ma anche ex dipendente di Misericordia nonché cognato proprio del boss Nicoscia. Nonostante si sia dimesso da vicepresidente della Prociv-Arci di Isola, Rizzo risulta tuttora consigliere nazionale della Prociv e presidente regionale della Prociv-Arci Calabria. Alcuni suoi figli risultano inseriti nell’elenco dei soci volontari per cui gli inquirenti non escludono la sua «capacità di influenza» sull’eventuale gestione dell’appalto.
Lunghissima la serie di criticità emerse sul conto dei dipendenti di Prociv. Ma basti qui ricordare che Aldo Giordano, pur condannato in primo e secondo grado di giudizio per associazione mafiosa nel processo Jonny, ha continuato a lavorare alle dipendenze della Prociv ininterrottamente fino al 2023. Giordano è uno dei due licenziati, ma il suo licenziamento non basta per escludere tentativi di infiltrazione mafiosa secondo la prefetta Franca Feraro, tanto più che è il fratello di Aurelio, condannato a 6 anni per mafia e marito della figlia di Nicola Arena, vertice indiscusso dell’omonima cosca, deceduto di recente.
LE ALTRE FIGURE CHE DESTANO INTERROGATIVI
Tra i dipendenti, sebbene incensurate, figurano anche una nipote di Gaetano Barillari, capo dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Crotone di recente deceduto, la figlia di un imprenditore cutrese condannato anche in Appello per associazione mafiosa nel processo Stige, la moglie del cognato del boss Pasquale Nicoscia nonché cognata di due sorvegliati speciali ritenuti esponenti del clan Maesano, la pronipote di Carmine Tipaldi, esponente degli Arena ucciso in un agguato di mafia nel dicembre 2005. Ma c’è anche un cugino del già citato ex governatore della Misericordia Leonardo Sacco, ritenuto l’ideatore del business dei migranti attraverso cui gli Arena lucravano sul Cara.
Insomma, considerati i «plurimi legami familiari e lavorativi degli attuali soci della Prociv, non può escludersi che la gestione della medesima associazione venga condizionata da una sorta di regia collettiva», è detto ancora nel provvedimento, che richiama una sentenza del Consiglio di Stato sull”’influenza reciproca”, anche indiretta, di comportamenti nella conduzione dell’impresa da parte di titolari, soci, amministratori e familiari che siano contigui all’associazione mafiosa. Ecco perché la Prefettura di Crotone non può escludere quel «quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”».
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