Il porto di Cirò Marina
2 minuti per la letturaAi titolari delle pescherie di Cirò Marina veniva imposto l’acquisto del pescato dai pescherecci controllati dal clan: scattati i sigilli su società, magazzini con celle frigo e imbarcazioni ormeggiate al porto
CIRÒ MARINA – «La baracca va avanti». Nonostante con la maxi operazione Stige del gennaio 2018 fosse stato inferto un duro colpo al “locale” di ‘ndrangheta di Cirò, la cosca si era riorganizzata con le nuove leve e, in particolare, anche la filiera ittica continuava ad essere in mano agli uomini del clan. «La baracca va avanti» è una delle conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che nel febbraio scorso portò all’operazione “Ultimo atto”.
Adesso c’è un’appendice patrimoniale perché i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della di Cirò Marina Compagnia hanno eseguito sequestri preventivi di beni immobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie a carico di sei indagati già destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare (cinque in carcere e uno ai domiciliari).
Le modalità con cui avrebbero operato gli indagati sono le stesse già balzate all’attenzione nel periodo focalizzato dall’inchiesta Stige, perché ai titolari di pescherie veniva imposto di acquistare il pesce fresco dalle barche controllate dal clan a un prezzo unilateralmente imposto, e chi non ci stava subiva incendi e danneggiamenti.
I sigilli al porto di Cirò Marina, dove operava il clan
I sigilli sono scattati, su disposizione del gip distrettuale Arianna Roccia, su tre magazzini in cui erano custodite varie celle frigorifero di tipo industriale, due imbarcazioni per la pesca d’altura, San Francesco I e San Leonardo, ormeggiate al porto turistico di Cirò Marina, tre società operanti nel settore ittico, Anfitrite Pescatori, Agd Fish e Ittica Krimisa, due furgoni per il trasporto del pescato, tre conti correnti bancari, per un valore complessivo di circa 100mila euro. Un patrimonio tolto a Antonio Crugliano (di 77 anni), Alessandro Nigro (35), Giorgio Pucci (50), Luigi Pucci (44), Fabio Cataldi (45), Francesco Crugliano (34).
Secondo la ricostruzione dei pm Antimafia Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Pasquale Mandolfino, gli indagati, dopo aver acquisito illecitamente il pescato dai vari pescherecci di Cirò Marina e Cariati, avrebbero utilizzato per lo stoccaggio, la pesatura e il successivo confezionamento dei prodotti ittici i tre magazzini dotati di celle frigo. Gli indagati avrebbero avuto la disponibilità dei pescherecci con cui facevano concorrenza illecita nel mercato ittico.
Nei magazzini veniva custodito il pescato prelevato illecitamente come se fossero “pescherie”, o almeno a questo erano adibiti i locali pur in assenza di autorizzazioni.
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