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Il tribunale di Reggio Emilia

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Per il gup emiliano il fatturificio di Cutro è la base per l’assedio dei clan: un «fenomeno così massiccio da inquinare l’economia del Nord»

CUTRO – «La forza di tutte le prove raccolte ha restituito al processo uno straordinario strumento per la comprensione di un fenomeno criminale assolutamente allarmante radicato da anni sul territorio reggiano e che per altrettanto tempo ha ordito le sue trame illecite espandendo la sua dimensione operativa criminale in maniera così massiccia da inquinare drammaticamente gran parte dell’economia reggiana e del Nord Italia arrecando danni gravissimi non solo alle Casse dell’Erario ma anche al regolare e corretto svilupparsi delle dinamiche economiche e degli scambi commerciali finendo inevitabilmente per potenziare quel contesto illecito ed opaco che rappresenta l’humus ideale di cui tipicamente si alimentano fenomeni criminali associativi ancor più drammatici e che notoriamente affliggono il territorio reggiano e del Nord Italia da decenni».

Lo scrive il gup del Tribunale di Reggio Emilia Andrea Rat nelle motivazioni della sentenza con cui, nel dicembre scorso, dispose 25 condanne nel processo col rito abbreviato scaturito dall’inchiesta della Dda di Bologna che nel settembre 2020 portò all’operazione Bilions, con cui sarebbe stata scoperchiata una piramide di finanza illecita basata, secondo l’accusa, sulle false fatturazioni.

Tant’è che gli inquirenti hanno fatto un maxi sequestro di 24 milioni ritenuti provento di operazioni illegali. Per l’accusa, gli imputati, in gran parte originari di Cutro e del Crotonese, facevano parte di un’organizzazione criminale attiva in 14 regioni. Una struttura specializzata nell’offrire “servizi” di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Attività con cui avrebbero consentito alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili.

cutro, da dove parte l’assedio dei clan nord

Il gup dispose anche 10 assoluzioni, 96 rinvii a giudizio, 6 proscioglimenti, 37 patteggiamenti, quattro prescrizioni. Erano 178 gli imputati approdati al suo vaglio, del resto parliamo di uno degli asset più redditizi della super associazione mafiosa di matrice cutrese stanziata in Emilia, come accertato dal maxi processo Aemilia e dalle successive operazioni contro la cellula al Nord della cosca Grande Aracri (oltre a Bilions si ricordi anche Perseverance).

Dopo una proroga di 90 giorni ulteriori rispetto a quelli in un primo tempo annunciati per il deposito della sentenza, il giudice conclude, dunque, per «l’unitarietà dell’organizzazione» che «si evince o dal continuo e stabile coordinamento tra le articolazioni societarie, dal complesso intreccio dei flussi di danaro tra le varie società facenti capo agli associati e dall’esistenza di un attività accentrata e comune di monetizzazione del danaro». Il gup, come si è visto nel passaggio iniziale sul contesto associativo, parla anche di “humus” fatto di pratiche di illegalità che favorisce l’assedio della ‘ndrangheta all’economia, non solo emiliana ma dell’interno Nord Italia.

la motivazione della sentenza che ha portato a riconoscere l’organizzazione criminale

Ma ecco l’iter motivazionale seguito per arrivare al riconoscimento dell’organizzazione criminale. desunta da una serie di elementi. «L’esistenza di plurimi e intensi contatti tra tutti i soggetti imputati che hanno assunto e svolto il ruolo di capi organizzatori dell’associazione ed aventi sicuramente ad oggetto le attività delle società a loro direttamente o indirettamente riconducibili; la diretta correlazione di tali contatti con l’attività di imprese e società aventi in massima parte la natura di società cartiere o comunque dedite alla frode fiscale o utilizzate come strumento per la perpetrazione di frodi bancarie fatto noto dimostrato dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche e degli accertamenti bancari e fiscali; l’esistenza di un numero straordinario di flussi finanziari tra i vari gruppi di società indiscutibilmente riconducibili a uno schema operativo unitario e logicamente coperti specularmente dalla emissione di documenti fiscali fittizi, principalmente fatture per operazioni inesistenti».

Proprio questa circostanza è ritenuta dal gup «di straordinaria importanza in quanto nel mettere in evidenza gli strettissimi legami ed i fitti intrecci operativi tra le varie società riconduce le stesse nell’ambito del medesimo ed unitario sodalizio criminoso».

cutro e l’assedio dei clan al nord: i ruoli degli affiliati nell’organizzazione

Gli intrecci sono talmente “evidenti” che il consulente del pm li ripercorre con l’elaborazione di un grafico. Ma ecco i ruoli ricoperti nell’organizzazione dai principali imputati, secondo una ripartizione scientifica. In posizione apicale si trovano Giuseppe Gareri, Luigi Brugnano, Nicola Lombardo, che si coordinano in modo paritetico. Assieme a loro vi sono anche Luca Bonacini, giudicato separatamente avendo deciso di definire la propria posizione mediante patteggiamento, oltre a Giorgio Bellini, Giuseppe Stirparo, Antonio Sestito, Michele Caccia, Salvatore Mendicino e Pietro Arabia, rinviati a giudizio. «Essi – scrive il gup – senza dubbio alcuno svolgono una attività direttiva del gruppo nel suo complesso fissando obiettivi fornendo direttive e organizzando la attività di emissione di fatture per operazioni fraudolente e l’attività di prelievo dei proventi nonché di indirizzamento dei flussi finanziari di tutte le società delle singole articolazioni societarie di cui sono immediatamente gestori».

In posizione subordinata e con compiti esecutivi «vi sono una serie di figure che si occupano non solo direttamente della gestione su direttiva dei primi delle società strumentali alla perpetrazione dei reati tributari ma anche della monetizzazione dei flussi finanziari e monetari operando bonifici e soprattutto effettuando prelievi dai conti correnti delle società anche a loro formalmente intestate costituenti la dotazione organica del sodalizio». Sebbene subordinati a livello gerarchico, «costoro svolgono attività essenziale per l’attuazione degli scopi criminosi del sodalizio in quanto l’esistenza di plurime società e l’apparente autonomia delle stesse in quanto formalmente riferibili a soggetti diversi è funzionale alla perpetrazione delle frodi fiscali soprattutto per rendere credibile o almeno verosimile la tipologia di operazioni economiche volte esclusivamente a dissimulare in realtà passaggi fraudolenti di danaro tramite bonifici e prelievi».

i prestanome e i prelevatori

Al di sotto dei capi e degli organizzatori troviamo tutta una serie di “prestanome” e “prelevatori” che svolgono una funzione decisiva per la generazione dei proventi poi distribuiti fra i sodali. Tra i prestanome o amministratori formali che hanno offerto la loro opera al clan, non solo il proprio nominativo, ci sono Paolo Andrea Generale e Walter Milone i quali a loro volta si sarebbero avvalsi degli stessi prestanome, scambiandoseli. Ci sono, insomma, prestanome che assumono il ruolo di partecipe del sodalizio e non sono mere teste di legno, come, ad esempio, Francesco Basta che viene stipendiato da Gareri, rileva sempre il gup.

Per quanto concerne i prelevatori, come Antonio Astio e Salvatore Fruci, «la prova della partecipazione corre attraverso la verifica del fatto che essi si siano realmente rapportati con l’organizzazione e non solo con singoli associati in modo tale da renderli consapevoli dell’inserimento funzionale del loro apporto nei flussi finanziari interni al gruppo criminale e conseguentemente nella realizzazione dei proventi per il sodalizio».

cutro e l’assedio dei clan al nord, il ruolo dei commercialisti

Ma tutta questa architettura di frode fiscale non sarebbe stata possibile senza l’apporto dei concorrenti esterni; tra loro il commercialista Domenico Grande, che «offre il proprio sostegno fornendo assistenza nell’organizzare sotto il profilo formale le società» riconducibili ai principali indagati, «si presta a curare i rapporti con il notaio» e viene retribuito per i suoi “servizi”. La sua attività, per il gup, è «essenziale per la vita e la prosecuzione delle attività illecite della organizzazione criminale».

Egli, infatti, «esorbitando da quello che è l’espletamento di una lecita e regolare attività professionale seguendo le indicazioni e i desiderata di Gareri, personaggio apicale della struttura criminale, ha messo a diposizione del gruppo le proprie conoscenze per consentire la creazione di plurime società tutte coinvolte nel giro fraudolento di false fatturazioni … addirittura consentendo che avessero la sede legale presso il suo studio apparentemente insospettabile ed individuando al momento della costituzione anche in autonomia sia il nome che l’oggetto sociale delle stesse secondo prassi standardizzate». Insomma, creare schermi societari esulava dal mandato professionale; piuttosto, la la prestazione del professionista in favore del clan «sistematica e consapevole», è detto in sentenza.

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