L’ex latitante di San Luca Giuseppe Romeo dopo l’arresto
3 minuti per la letturaCROTONE – Folgorato sulla via del narcotraffico. Francesco Silipo, un giovane di Cutro emigrato a Gualtieri, nel Reggiano, inizialmente impiegato come “semplice” corriere della droga alle “dipendenze” di Pietro Costanzo, di Petilia Policastro, durante il viaggio con quest’ultimo in Spagna, nel marzo 2020, incontra Giuseppe Romeo, l’ex superlatitante di San Luca considerato a capo dell’organizzazione transnazionale sgominata nei giorni scorsi con l’operazione Aspromonte Emiliano, condotta dal Gico della Guardia di finanza di Bologna e coordinata dal pm Antimafia Roberto Ceroni.
Romeo, secondo la ricostruzione degli inquirenti poi avallata dal gip Alberto Gamberini, rimane impressionato dalle “capacità” di Silipo e dopo l’arresto di Costanzo lo nomina suo referente.
Ma con l’arresto di Romeo, un anno dopo, sarebbe stato proprio il cutrese a continuare l’opera del boss, custodendo per lui ingenti quantità di stupefacenti e di denaro. Un altro emergente, stando all’impianto della mega inchiesta, sarebbe Gennaro Lonetti di Melissa, il cui padre Francesco è stato coinvolto nelle inchieste sul “locale” di ‘ndrangheta di Cirò.
Gennaro Lonetti è stato peraltro indagato per narcotraffico nell’inchiesta Aemilia, condotta dalla Dda di Bologna contro la filiale emiliana della “provincia” di ‘ndrangheta di Cutro. Dietro la regia di Romeo, i due crotonesi emigrati sarebbero stati tra i corrieri più attivi nell’ambito della presunta holding della droga di matrice calabro-emiliana stroncata con una quarantina di arresti e che avrebbe gestito traffici di oltre mille chili di cocaina, centinaia di chili di hashish, decine di chili di marijuana per un giro di affari di svariati milioni di euro. Per capire dove erano arrivati i rampolli del narcotraffico, bisogna ripercorrere il curriculum del boss arrestato in Spagna.
Detto “Il narco dei tre continenti” ma anche “Maluferru”, figlio di Antonio “Centocapelli”, capo del clan Romeo Staccu fino al suo arresto nel 1997 e alla successiva condanna a 30 anni, Giuseppe Romeo è ritenuto uno dei principali broker della droga degli ultimi anni. Cresciuto con una venerazione per i cartelli del narcotraffico e in particolare dei Los Zetas, noti anche per le decapitazioni e gli attacchi con bombe ad atri narcos e allo stesso esercito messicano, contro i quali, tuttavia, un commando di suoi uomini si sarebbe addirittura scontrato in una sparatoria in strada in Nord Europa, Romeo avrebbe iniziato la sua carriera criminale a soli 16 anni.
A 22 anni già trafficava in droga, nel 2016 avrebbe iniziato la scalata internazionale facendo parte della “Banda del Belgio” insieme ai fratelli Domenico e Filippo, i tre avrebbero operato anche in Olanda dove avrebbero ricevuto le spedizioni dal Sudamerica. Condannato a 20 anni, Romeo si rese irreperibile fuggendo a Barcellona, da dove avrebbe gestito carichi di centinaia di chili di cocaina al mese, forte dell’alleanza coi narcos e di appoggi nei principali porti europei. Notevole la sua capacità di organizzare trasporti di stupefacenti su container dalla Colombia, dal Brasile, dal Perù passando per la Costa d’Avorio o Rotterdam.
Da qui la droga veniva smistata in vari depositi ad associazioni criminali italiane e straniere e, per l’entità dei volumi gestiti, spiccava proprio quella con base nel Reggiano. Gli inquirenti ci sono arrivati grazie anche all’analisi delle chat criptate SKY ECC, almeno fino all’arresto di Romeo, quando questo sistema di comunicazioni giocoforza dovette interrompersi.
Intanto, i nuovi rampolli del clan hanno fatto scena muta davanti al gip di Bologna. Li difendono gli avvocati Giovanni Mauro (per Lonetti). Luigi Antonio Comberiati (per Costanzo), Mattia Fontanesi (per Silipo).
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