Il papello usato dalle 'ndrine cutresi per fidelizzare i clan lucani
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Il papello, scoperto in Basilicata durante l’operazione Lucania Felix, con cui i clan di ‘ndrangheta di Cutro fidelizzavano i clan lucani
CUTRO (CROTONE) – Uno di quei «puntuali e oggettivi riscontri» alle accuse contro il clan lucano Stefanutti Martorano, del quale il gup distrettuale di Potenza Teresa Reggio riconosce la “mafiosità”, è il cosiddetto “papello”.
Il codice di mafia che serviva a fidelizzare i “locali” costituiti in Basilicata, tutti affiliati alla super cosca Grande Aracri di Cutro, era stato fotografato dal collaboratore di giustizia Natale Stefanutti col suo telefono cellulare e consegnato agli inquirenti lucani cinque giorni dopo. Grazie alla “favella”, il gergo ‘ndranghetistico, agli agenti della Squadra Mobile della Questura di Potenza si aprì tutto un mondo fatto di riti esoterici e di cariche mafiose.
Perché in quel documento c’erano i nomi dei big delle cosche da tenere in “copiata”. Se ne parla nelle motivazioni della sentenza con cui sono state inflitte otto condanne nel processo scaturito dall’inchiesta che sul finire del 2021 portò all’operazione “Lucania Felix”.
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L’IMPORTANZA STORICA DEL “PAPELLO” SCOPERTO NELL’AMBITO DELL’OPERAZIONE LUCANIA FELIX
Lo storico documento, il primo del genere mai rinvenuto in Basilicata, costituisce «un vero e proprio codice di mafia». Composto da «annotazioni manoscritte relative a soggetti (realmente esistenti) e a cariche criminali osservate in seno alle cosche della ‘ndrangheta. Nonché a regole e riti di costituzione di un nuovo “locale” e di affiliazione di un nuovo associato con indicazione finanche delle date in cui tenere le cerimonie criminali», osserva il gup, «non poteva trovarsi in possesso dell’indagato Donato Lorusso se questi non fosse stato “riconosciuto” come appartenente ad organizzazioni criminali mafiose legate alla ‘ndrangheta ed in specie alle cosche del Crotonese».
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Fu a casa di Lorusso, molto vicino a Ernesto Grande Aracri, fratello di Nicolino, vertice indiscusso dell’omonima consorteria criminale il cui dominio si estendeva, dunque, anche sulla Basilicata, che il pentito, nel novembre 2014, riprodusse il papello. Ma agli inquirenti, rileva sempre il gup, il pentito lucano consegnò anche foto che ritraevano Lorusso in momenti conviviali col fratello del boss di Cutro.
I VIAGGI DI LORUSSO IN CALABRIA
Frequenti, del resto, erano i viaggi di Lorusso in Calabria. Quando questi doveva compiere estorsioni le minacce erano di questo tenore: «altrimenti vi sfregio dove voglio, qui oppure a Crotone, chiedete a Papanice, a Cutro, oppure a Isola e fino a Catanzaro chi sono… prendete informazioni».
Lorusso, in un altro processo, è stato già condannato in via definitiva quale esecutore materiale della tentata estorsione alla ditta Salvaguardia ambientale di Gianni Vrenna, patron del Crotone calcio. Avvicinò nell’ospedale San Carlo di Potenza due dipendenti della ditta dedita all’esecuzione di un appalto per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti ospedalieri. Ma i contatti tra cutresi e lucani erano intensi perché il genero di Ernesto Grande Aracri, Salvatore Romano, sarebbe stato a Potenza. Qui avrebbe preso contatti con Lorusso che l’avrebbe accompagnato nel Foggiano dove avrebbe incontrato «persone del Nord da cui avrebbe dovuto ricevere denaro per conto del suocero».
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TRA TANTE CONDANNE SPICCA L’ASSOLUZIONE DEL CUTRESE ROMANO
Nella raffica di condanne disposte nel processo ai clan lucani svoltosi col rito abbreviato, spicca, però, proprio l’assoluzione del cutrese Romano, assistito dall’avvocato Luigi Colacino, dall’accusa di essere stato mandante della tentata estorsione. Proprio la trasferta foggiana viene ritenuta dal giudice un elemento non in grado di riscontrare le accuse di un altro pentito, Giuseppe Liperoti, già appartenente alla cosca Grande Aracri di Cutro: «Noi l’abbiamo saputo dopo ma l’abbiamo capito io e Abramo (Giovanni Abramo, genero del boss, ndr) quando vedevamo Romano che andava e veniva da Potenza». Ma era lo stesso Liperoti che, presa visione del papello, svelava: «In Basilicata vi sono diversi “locali” di ‘ndrangheta, tutti legati alla “locale” di Cutro e alla cosca Grande Aracri. Sono un gruppo autonomo ma fino a un certo punto, eventuali azioni di fuoco devono essere autorizzate dai vertici Nicola ed Ernesto».
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