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CROPANI (KR) – Per convincerlo a fare il “dovericchio”, ovvero per costringerlo a sottostare alle richieste estorsive imposte dalla famiglia di ‘ndrangheta dei Trapasso, stanziati a San Leonardo di Cutro ma con proiezioni nel Catanzarese, l’avrebbero pestato con una mazza da baseball, procurandogli così un trauma cranico, ma anche una ferita alla gamba e varie contusioni.
Con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso sono stati arrestati dai carabinieri Leonardo Trapasso, di 53 anni – figlio del boss Giovanni (74) e fratello di Tommaso (44) (gli ultimi due indagati quali mandanti ma non sottoposti a misura in questo procedimento e già detenuti per altro) – Salvatore Macrì, di Cropani (54), Stefano Roberto Cosco (46), di Petronà.
Tutti e cinque sono già stati condannati nel processo Borderland, contro la cosca che dominava incontrastata nella terra di mezzo tra le province di Crotone e Catanzaro. La vittima sarebbe Vincenzo Falbo, al quale sarebbe stata imposta la guardiania dal clan Trapasso che, come emerso sempre dal processo Borderland, infliggeva il pizzo ai villaggi turistici della zona.
Falbo è, infatti, proprietario di alcune villette all’interno del villaggio Carrao. Secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri, in un primo momento Macrì, insieme a una persona ancora da identificare, avrebbero chiesto a Falbo il “dovericchio”. Una settimana dopo, Leonardo Trapasso avrebbe colpito con un pugno al volto Falbo, accusandolo di avergli mancato di rispetto. Successivamente Macrì e Cosco, su incarico dei Trapasso, avrebbero aggredito Falbo con una mazza da baseball per costringerlo a corrispondere il pizzo.
L’inchiesta sull’episodio risalente al novembre 2008 trae spunto anche dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Massimo Colosimo che, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip distrettuale Paola Ciriaco, interrogato nel 2019, ricordava che Falbo, gestore del bar Cafe Meravigliao, fu lasciato a terra “mezzo morto” dopo che l’ordine di pestarlo era partito dai Trapasso. La sua fonte sarebbe stata Cosco, il quale avrebbe raccontato al pentito di aver riferito all’imprenditore che se non gli fossero bastate quelle botte l’avrebbero ammazzato. Un altro che, secondo le intenzioni del clan, avrebbe dovuto ricevere lo stesso trattamento sarebbe stato il proprietario di un bar a Cropani, secondo quanto riferito dallo stesso Cosco al collaboratore di giustizia.
Gli inquirenti avevano sentito nell’immediatezza dei fatti Falbo, che avrebbe puntualmente ricostruito la vicenda. «Conosco da sempre la famiglia Trapasso perché sono al villaggio Carrao dal 1989, prima c’era Gaetano (ucciso in un agguato, ndr), poi da quando è morto sono subentrati i fratelli Vincenzo e Giovanni e il nipote Nanà, diminutivo di Leonardo. Mi capitò di comprare cinque villette e loro pretendevano di avere pagata la guardiania». In seguito al rifiuto di adempiere al “dovericchio”, come lo chiamavano, Falbo avrebbe pertanto subito due aggressioni, la prima ad opera di Leonardo Trapasso che gli avrebbe sferrato un pugno mentre la vittima era in auto, attraverso il lato del finestrino aperto; la seconda, più grave, da parte di più persone armate di mazza.
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