La Humanity
2 minuti per la letturaImpugnazione per travisamento dei fatti del fermo della nave Humanity: «Le autorità libiche hanno fatto cadere in mare i naufraghi»
CROTONE – «Appare incontrovertibile che la condotta delle autorità libiche sia stata essa stessa produttrice della condotta di pericolo che illegittimamente si attribuisce a Humanity 1». Perché «La motovedetta libica ha proceduto ad affiancarsi all’imbarcazione, a girare intorno sollevando onde alte, a non distribuire giubbotti salvavita ed infine a determinare la caduta in mare dei naufraghi».
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Quei naufraghi che «non sono stati recuperati dalla guardia costiera libica». Lo affermano i legali della nave umanitaria della Ong tedesca Sos Humanity, sottoposta a fermo amministrativo a Crotone, nel ricorso presentato al Tribunale civile della città pitagorica per ottenere la revoca del provvedimento. Insomma, se il comandante della nave tedesca non fosse intervenuto, ci sarebbe stata una strage, secondo la tesi dei difensori della Ong. Il fermo era scattato dopo lo sbarco, avvenuto lo scorso 2 dicembre, di 200 migranti salvati in mare in acque libiche.
LA RICOSTRUZIONE DELLE AUTORITÀ LIBICHE E DEI VOLONTARI DI HUMANITY
Al termine di un’ispezione interforze disposta dal ministero degli Interni, è stata inflitta anche una sanzione di 3300 euro. Il verbale si basa su un rapporto delle autorità libiche che sostengono che la nave avrebbe intralciato le operazioni di soccorso. Secondo quella ricostruzione, mentre il pattugliatore libico Zawiya interveniva in acque Sar per trarre in salvo 43 migranti su un gommone già assicurato per il trasbordo, una metà di loro si sarebbe buttata in mare rischiando di morire. Anche perché le acque erano gelide, avendo avvistato la nave umanitaria in avvicinamento nonostante le chiamate radio della vedetta libica che intimava di non avvicinarsi.
Del tutto diversa la versione dell’equipaggio della “Humanity 1” che afferma di essere riuscito a impedire l’annegamento delle persone che erano già in acqua. Il gommone era stato precedentemente fermato in acque internazionali da una motovedetta della Guardia costiera libica per caricare con la forza le persone in fuga e riportarle illegalmente in Libia, secondo la ong. Durante questo recupero, numerose persone erano rimaste in acqua senza giubbotti di salvataggio o altre attrezzature di salvataggio.
I difensori della Ong hanno pertanto impugnato il fermo per “travisamento dei fatti”. Ritenendo, in primo luogo, che «la situazione di pericolo è stata creata ed aggravata dalle autorità libiche che dopo aver messo in pericolo i naufraghi non hanno proceduto a soccorrerli». In secondo luogo, la nave umanitaria ha attuato «l’unica condotta doverosa e richiesta procedendo a salvare i naufraghi in difficoltà». In terzo luogo, «il capitano non poteva seguire nessuna istruzione proveniente dalle autorità non avendo mai ricevuto risposta dalle autorità libiche». L’avvocatessa della Ong tedesca Giulia Crescini confida in una rapida fissazione dell’udienza. Perché la nave umanitaria possa presto tornare a salvare vite nel Mediterraneo.
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