INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Sindaco, non pensa che sia stato un errore, se ne parla tutta l’Italia, se la sensibilità di tante persone per cui Lea rappresenta un simbolo di ribellione alla mafia è stata ferita?
- 2 Qualcuno dice che è un modo per far guadagnare qualcosa alle agenzie funebri…
- 3 Le risulta che il manifesto sia stato affisso anche a Milano Opera, dove Curcio era detenuto?
- 4 La persona deceduta è anche il nipote di un esponente di vertice della cosca petilina e con quel manifesto si esprimono condoglianze alla «famiglia Curcio», un cognome pesante dalle sue parti. Non le sembra una contraddizione anche alla luce del fatto che l’amministrazione ha organizzato nel novembre scorso, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Lea, il Premio nazionale dedicato alla sua memoria?
- 5 Proprio per questo motivo, non ritiene che sia il caso di rivedere la scelta di predisporre manifesti funebri per tutti i defunti, indistintamente?
- 6 Ha parlato con Marisa Garofalo, la sorella di Lea?
PETILIA POLICASTRO (CROTONE) – Non è stata una notte facile, per il sindaco di Petilia Simone Saporito, il quale ha riflettuto molto sul clamore suscitato dai manifesti funebri, oggi considerati inopportuni, con cui l’amministrazione comunale da lui presieduta «partecipa al dolore» della «famiglia» di Rosario Curcio. Curcio, 46 anni, nei giorni scorsi si è tolto la vita impiccandosi in carcere, dov’era detenuto poiché è uno dei quattro condannati in via definitiva all’ergastolo per l’uccisione di Lea Garofalo, la testimone di giustizia assassinata, bruciata e sepolta in un tombino, in un campo vicino Monza, che oggi riposa nel cimitero monumentale di Milano, accanto ai cittadini illustri del capoluogo lombardo.
Ci ha riflettuto al punto da ritenere che non sia stato «opportuno» fare quei manifesti e che ora forse è il caso di rivedere una prassi adottata dalla Giunta che, sin dal suo insediamento, il 5 ottobre 2021, ha dato mandato alle agenzie funebri per le pubbliche condoglianze a tutte le persone defunte del luogo. La sua affermazione secondo cui «siamo tutti uguali davanti alla morte» non è servita a mitigare le polemiche e rischia di far dimenticare un lavoro intenso sui valori della legalità e sulla memoria di Lea. Tanto più che Curcio, peraltro nipote omonimo di colui che, stando alle sentenze, è il reggente della cosca di ‘ndrangheta di Petilia Policastro, si occupò di far sparire il corpo di Lea e di distruggerne i resti, insieme al pentito Carmine Venturino, condannato invece a 25 anni, dopo che Carlo Cosco, mandante, e il fratello Vito strangolarono Lea nell’appartamento di Milano in cui era stata attirata con una trappola.
Il sindaco di Petilia, proprio sui manifesti funebri inopportuni, ha rilasciato al Quotidiano questa intervista.
Sindaco, non pensa che sia stato un errore, se ne parla tutta l’Italia, se la sensibilità di tante persone per cui Lea rappresenta un simbolo di ribellione alla mafia è stata ferita?
«Certamente, non è stato opportuno quel manifesto e sono pronto a chiedere scusa alla cittadinanza e a chiunque si sia sentito ferito. Ma non abbiamo né riscritto la storia né inteso far passare questa persona come un eroe. Vige un criterio dal 5 ottobre 2021, da quando sono sindaco. Prima avveniva che l’amministrazione comunale facesse figli e figliastri. L’amministrazione comunale faceva manifesti per tutti o quasi i defunti ma, ad esempio, non lo fece per mia nonna, quando morì, perché all’epoca ero consigliere di minoranza, e potrei citare casi analoghi. Questa discrezionalità secondo noi non andava bene, o tutti o nessuno, quindi ci siamo dati questo criterio, quello di fare i manifesti per tutti i defunti e abbiamo dato questa indicazione alle agenzie funebri. Ripeto, forse non è stato opportuno, ma noi non chiamiamo l’agenzia ogni volta che c’è un defunto, non è stato un manifesto ad hoc, semplicemente da quasi due anni, ormai, quando muore una persona, la ditta di pompe funebri affigge il manifesto, è un automatismo. Spesso apprendo dal manifesto con cui esprimiamo condoglianze che è deceduta una persona».
Qualcuno dice che è un modo per far guadagnare qualcosa alle agenzie funebri…
«Le agenzie funebri le paghiamo personalmente, non con fondi pubblici, e comunque per due soli manifesti, di pochi euro, non vogliono manco essere pagate».
Le risulta che il manifesto sia stato affisso anche a Milano Opera, dove Curcio era detenuto?
«Non mi risulta e non dovrebbe essere affisso là, il manifesto viene affisso soltanto a Petilia».
La persona deceduta è anche il nipote di un esponente di vertice della cosca petilina e con quel manifesto si esprimono condoglianze alla «famiglia Curcio», un cognome pesante dalle sue parti. Non le sembra una contraddizione anche alla luce del fatto che l’amministrazione ha organizzato nel novembre scorso, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Lea, il Premio nazionale dedicato alla sua memoria?
«Non abbiamo fatto noi la dicitura del manifesto, con cui esprimiamo comunque soltanto condoglianze per il lutto e non solidarietà o vicinanza. Lungi da noi il discostarci da quello che Lea rappresenta, dal simbolo di legalità e di lotta alla ‘ndrangheta che incarna. Siamo stati i primi amministratori ad organizzare iniziative a Pagliarelle, la frazione dove Lea è nata e cresciuta. La prima iniziativa è stata l’11 novembre 2021, a un mese dall’insediamento, con la piantumazione dell’albero della legalità. Il 25 novembre 2021, in occasione della Giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne, insieme alla sorella Marisa e a Paolo De Chiara, autore del libro su Lea, abbiamo organizzato un convegno con la partecipazione delle scuole e della cittadinanza. Il 19 agosto 2022 abbiamo messo la pietra d’inciampo davanti alla chiesa della Beata Vergine del Monte Carmelo sempre nella frazione Pagliarelle, che qualcuno ha osato danneggiare violando la memoria di Lea. Tra il 22 e il 24 novembre scorsi abbiamo tenuto il Premio nazionale Lea Garofalo, tra l’altro con risorse proprie del sindaco e dell’amministrazione perché il Comune non naviga nell’oro. Ma oltre a quelle in memoria di Lea abbiamo organizzato altre iniziative sulla legalità. Nella piazza dell’Emigrante abbiamo inaugurato il monumento dedicato alle vittime di mafia insieme all’associazione Progetto di vita. E ancora in occasione della Giornata delle Forze armate, il 4 novembre 2022, presso la villetta di via Arringa, di fronte la Stazione dei carabinieri, abbiamo apposto targhe in memoria delle guardie giurate Domenico Bruno e Giovanni Cento assassinate in quel luogo nel 1991. A ottobre scorso il consiglio comunale ha deliberato la cittadinanza onoraria a due carabinieri che salvarono la vita a un uomo in arresto cardiaco. E il 17 gennaio 2023 abbiamo deliberato la cittadinanza onoraria all’Arma, il conferimento è avvenuto il 10 maggio alla presenza dei vertici provinciali dei carabinieri e di una delegazione delle scuole di Petilia. La mafia fa schifo, la mafia è una montagna di merda, lo abbiamo detto e continueremo a dirlo, lo ribadiamo anche ora nell’intervista. Così è per me sindaco e per l’amministrazione e per la maggior parte dei cittadini di Petilia e questi manifesti funebri sono stati inopportuni».
Proprio per questo motivo, non ritiene che sia il caso di rivedere la scelta di predisporre manifesti funebri per tutti i defunti, indistintamente?
«Faremo una valutazione»
Ha parlato con Marisa Garofalo, la sorella di Lea?
«Sì, ho sentito il bisogno di chiarire tutto e di chiedere scusa anche a Marisa, insieme alla quale abbiamo realizzato tante iniziative in memoria di Lea».
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