Il barcone sulla spiaggia di Cutro
3 minuti per la letturaCUTRO (KR) – Quando ancora non c’era nessuno là, né naufraghi né soccorritori, sulla spiaggia di Steccato, quella tragica notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsi è arrivato un pescatore. Con le sue luci. Le luci per la pesca notturna. Torce che garantiscono una certa discrezione luminosa per non spaventare i pesci e che vengono puntate verso il basso, anche per esplorare la zona mentre ci si incammina verso la battigia.
A volte, i pescatori battono quel tratto anche se il mare è mosso. Come lo era nella notte tra il 25 il 26 febbraio. Come aveva intenzione di fare quel pescatore. Ma subito dopo è arrivato qualcuno che gli ha intimato di andare via. Lui esitava, e allora questo qualcuno gli ha mostrato una pistola. Quindi il pescatore è andato via.
Non è soltanto una voce che corre tra i pescatori di Steccato, frazione costiera che d’inverno si spopola, e conta meno di mille anime, ma d’estate si trasforma in una delle più popolose località balneari della costa jonica. Perché è il racconto dalla viva voce dell’uomo, che preferisce rimanere nell’anonimato. Forse perché ha paura del tizio che gli ha mostrato la pistola. Forse perché dietro quel tizio c’è un’organizzazione criminale.
Prima del 26 febbraio scorso, prima dell’uragano mediatico scatenatosi in seguito alla tragedia, Steccato d’inverno era una landa desolata. Negli anni scorsi, hanno rivelato alcuni collaboratori di giustizia, là si tenevano summit di ‘ndrangheta per pianificare omicidi, perché in quel dedalo di case edificate abusivamente difficilmente si rischiava di incontrare qualcuno. Oggi no. Oggi ci sono inviati da tutto il mondo e manifestazioni partecipate di associazioni, movimenti e gente comune. Tutti indignati per la morte di quasi 100 persone a poche decine di metri dalla costa.
Una tragedia, forse, evitabile. E la gente del luogo è tramortita, perché era abituata più che altro ad accogliere turisti d’estate. D’inverno, no. D’inverno, c’era il deserto. Oggi quando accendi la tv vedi le dirette dalla spiaggia mentre sono in corso le ricerche dei dispersi. Ma prima, quando, fino a poche settimane fa, Steccato, almeno d’inverno, sembrava un luogo silenzioso, scarsamente presidiato anche dalle forze dell’ordine, era, a quanto pare, teatro di traffici. Anche quella notte stava per accadere qualcosa e il pescatore era meglio non fosse presente, secondo qualcuno che girava armato.
Sempre secondo la fonte che preferisce rimanere anonima, c’è gente proveniente dalla Puglia, che bazzica da quelle parti, la notte. E a favorire gli approdi sono in qualche modo i tre lampioni della vicina chiesetta di San Leonardo, l’altra frazione costiera cutrese, utilizzati a mo’ di fari dai trafficanti che, evidentemente, hanno appoggi a terra. Difficile dire se a fornire quegli appoggi sia la ‘ndrangheta, che finora ha fiutato il business dell’accoglienza, infiltrandosi, come accaduto nel periodo focalizzato dall’inchiesta antimafia “Jonny”, nella gestione del vicino Cara S. Anna, struttura per migranti tra le più grandi d’Europa.
Ma i trafficanti, come emerso da inchieste ancora più datate di quella che nel maggio 2017 portò alla maxi operazione interforze con cui fu sgominato l’affaire Misericordia, spesso hanno referenti all’interno del centro d’accoglienza, basisti che forniscono indicazioni su luoghi e giorni in cui è preferibile sbarcare, per poi darsi alla fuga magari a piedi nelle campagne circostanti a ridosso della vicina strada statale 106. Una testimonianza, quella raccolta nel microcosmo dei pescatori steccatesi, che forse merita approfondimenti. Qualcuno ha fatto allontanare un pescatore mostrandogli una pistola, poco prima che spuntasse il caicco stracolmo di disperati e si schiantasse contro una secca facendo un’ecatombe. Il resto è cronaca. L’allarme ormai tardivo, scattato dopo una telefonata da un cellulare internazionale al 112, i corpi restituiti dalla risacca, la corsa spasmodica dei primi soccorritori e degli altri pescatori del luogo, quelli che nessuno ha mandato via.
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