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ROSARNO – Nessuna impresa locale aveva voluto abbattere la casa abusiva dei Pesce di Rosarno realizzata su un’area archeologica. Quel lavoro simbolo di legalità alla fine lo ha fatto Gaetano Saffioti, l’imprenditore palmese che vive da 17 anni sotto scorta dopo aver fatto arrestare con le sue denunce decine di ‘ndranghetisti della Piana. E’ stato lui il solo che ha risposto si al Prefetto di Reggio Calabria Claudio Sammartino che ha voluto che si arrivasse alla demolizione che è iniziata ieri.
La casa sgomberata di forza nel giugno del 2011 era di proprietà di Giuseppa Bonarrigo 78 anni, madre di Antonino, Vincenzo, Rocco, Savino e Giuseppe Pesce, quest’ultimo deceduto. 

I boss di Rosarno lì si riunivano e prendevano decisioni. Giuseppina Pesce, la coraggiosa collaboratrice di giustizia aveva descritto nei particolari l’importanza di quella casa per la sua famiglia. Era stata realizzata a metà degli anni ’80 in piena zona archeologica senza che nessuno dicesse nulla. Circa 250 metri quadrati ad un solo piano in un’area posta all’incrocio tra via Maria Zita e la strada che porta al vecchio e mai utilizzato ospedale. Poi nel 2003 Peppe Lavorato, il sindaco della primavera rosarnese, l’acquisì al patrimonio comunale per la demolizione. Un atto coraggioso quello di Lavorato che portò poche settimane dopo all’esplosione di decine di colpi di kalashnikov sulla facciata del nuovo palazzo comunale. Ma Lavorato non si piegò e istruì tutti gli atti necessari per la demolizione. 

Da allora si susseguirono una serie di bandi pubblici andati regolarmente deserti. L’ultimo lo fece l’attuale sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi lo scorso anno. Ma anche quello registrò l’interesse di nessun impresa edile della provincia o della regione. Nessun imprenditore, nonostante la crisi di lavoro in cui versa il settore “legale” dell’edilizia ha voluto mettere piede a Rosarno e portare le sue ruspe per abbattere quella casa. La Tripodi scrisse varie volte negli anni passati in Prefettura e chiede persino l’intervento del Genio Militare. Dopo l’insediamento del Prefetto Sammartino, però qualcosa è cambiato. Il Prefetto in sinergia con il Comando Provinciale dell’Arma ha accelerato l’iter sapendo bene quale valore rappresentasse per il rispetto della legalità quella demolizione. Ma a chi rivolgersi per fare quel lavoro? Una sola impresa nel territorio, questa si, veramente simbolo di legalità avrebbe potuto farlo: Gaetano Saffioti. 

L’imprenditore contattato dalla Prefettura ha subito detto si e com’è suo costume ha iniziato a seguire personalmente i lavori di demolizione che sono iniziati ieri mattina. Di buon’ora i suoi operai hanno iniziato a smontare gli infissi e le porte, ma anche tubature e fili elettrici. Stamani sotto l’occhio vigile dei Carabinieri del colonnello Lorenzo Falfieri entreranno in azione le ruspe e gli escavatori per buttare giù i muri e radere al suolo quella casa intrisa di illegalità e simbolo di una Rosarno senza regole, arrogante e violenta. Poco importa se ciò provocherà l’indignazione dei mafiosi e dei loro amici collusi. Anzi. Ma lo Stato e soprattutto gli imprenditore onesti come Saffioti, quelli che non piegano la testa oggi firmeranno una pagina di storia di riscatto in una terra difficile come quella rosarnese.

Quelle ruspe targate Saffioti rappresenteranno anche i cittadini onesti di Rosarno con la speranza che questi ultimi trovino la forza di ritornare ad essere i veri protagonisti del loro destino.

 

 

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