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REGGIO CALABRIA – La dottoressa Maria Carmela Arcidiaco non ha agito «con la consapevolezza e la volontà, quindi col dolo, di accusare falsamente terzi, né tanto meno Naccari, sapendoli innocenti». Sono motivazioni che toccano il diritto, ma che entrano anche in maniera precisa nel merito della questione quelle che stanno alla base della decisione del Gip di Reggio Calabria, Massimo Minniti, che ha disposto l’archiviazione nei confronti di Maria Carmela Arcidiaco, accusata dal consigliere regionale del Pd Demetrio Naccari di calunnia e diffamazione e abuso d’ufficio. 

La vicenda è quella che ruota attorno alle presunte irregolarità sul concorso interno al reparto di Dermatologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. I protagonisti sono i medesimi: Arcidiaco e Naccari (e, indirettamente, la moglie Valeria Falcomatà) (LEGGI LA NOTIZIA). L’indagine a carico di Naccari – sfociata nella richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Mauro Tenaglia – nasce infatti dalla denuncia della Arcidiaco, convinta di aver subito l’alterazione del concorso pubblico per dirigente medico di primo livello che sarebbe dovuto andare – secondo quanto denunciato da Arcidiaco e secondo la Procura – ad appannaggio di Valeria Falcomatà. Secondo l’accusa, infatti, sarebbe stata creata una commissione giudicatrice compiacente, proprio per favorire i coniugi Naccari-Falcomatà. Naccari, dunque, aveva denunciato Arcidiaco. Il pm Tenaglia aveva svolto indagini, arrivando alla richiesta di archiviazione. Una richiesta cui il consigliere regionale si era opposto: da qui la decisione del Gip, che nelle tredici pagine che chiudono la porta in faccia a Naccari dà ampiamente atto di come la Arcidiaco «abbia illustrato una serie di circostanze fattuali ponendole all’attenzione dell’A.G. per le successive valutazioni di competenza». 

Già la stessa Procura aveva messo nero su bianco di credere alla versione della Arcidiaco, che, assistita dall’avvocato Francesco Albanese, renderà diverse dichiarazioni testimoniali che per gli inquirenti sono “puntualmente riscontrate”. Come elemento principale, infatti, vi è la registrazione che la Arcidiaco effettuerà, all’insaputa dei protagonisti dei presunti abusi. E le dure parole con cui il pm Tenaglia aveva richiesto l’archiviazione sono più volte richiamate nel decreto del Gip, con riferimento alle singole circostanze portate sul tavolo da Naccari. Di mezzo, infatti, entra anche la stampa e “Il Quotidiano”, che con i giornalisti Michele Inserra e Domenico Grillone si occuperà del caso. 

Inserra, in particolare, seguirà l’inchiesta e attirerà le ire di Naccari tanto da spingere il politico ad affermare in una delle telefonate intercettate: «quel cronista si venderà gli organi, si venderà… si venderà un piede» (LEGGI LA NOTIZIA). Un’attenzione mediatica che a Naccari non andrà proprio giù. Nella propria opposizione, infatti, farà riferimento alla «incessante e violenta campagna diffamatoria» che sarebbe stata messa in atto nei suoi confronti, parlando anche di insinuazioni capziose sulla vicenda. Sul punto il Gip: «Non vi è alcun elemento che consenta di ritenere che l’Arcidiaco abbia comunicato tali dati (le registrazioni, ndr) a ‘più persone’, essendo concettualmente ben distinta detta antecedente condotta da quella successiva della pubblicazione a mezzo stampa (effettuata da terzi) delle notizie ritenute lesive». Nella propria opposizione, Naccari parlerà anche del fatto che la Arcidiaco avrebbe ricoperto per un periodo lunghissimo (e non consentito dalla legge) il ruolo di primario facente funzioni. Una questione che era stata esclusa dalla Procura e che lo stesso Gip supera (pur non condividendo in toto le affermazioni del pm), aggiungendo: «La stessa opposizione avanzata sul punto dal Naccari è persino inammissibile, non potendo lo stesso considerarsi persona offesa in relazione all’ipotesi di reato in questione».

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