La manifestazione antimafia svoltasi a Cutro lo scorso febbraio
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Vittime di racket e Comune si costituiscono parte civile contro le nuove leve dei clan di Cutro. «Un fatto rivoluzionario» come sottolineato dal procuratore distrettuale antimafia, Vincenzo Capomolla
CUTRO – Dopo le denunce, quattro (su cinque) vittime delle presunte nuove leve dei clan si sono costituite parte civile. Insieme a loro, si sono costituiti parte civile anche il Comune di Cutro, come annunciato dal sindaco, Antonio Ceraso, e l’Associazione antiracket e antiusura. Il processo è quello scaturito dall’inchiesta che, nel febbraio scorso, ha portato agli arresti di Giuseppe Ciampà, di 42 anni, Salvatore Ciampà (39), Francesco Martino (27), Salvatore Martino (32) e Carmine Muto (41), imputati di estorsione e tentata estorsione con l’aggravante mafiosa.
CUTRO, VITTIME RACKET E COMUNE PARTE CIVILE
L’inchiesta, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Crotone e coordinata dalla Dda di Catanzaro, è partita proprio dopo le denunce, «un fatto rivoluzionario» a queste latitudini, come sottolineato nei giorni scorsi dal procuratore distrettuale antimafia, Vincenzo Capomolla, nel corso di un incontro con gli studenti di Cutro. A margine dell’incontro, il procuratore ha salutato e abbracciato i denuncianti incoraggiandoli a proseguire nel loro percorso virtuoso.
LE DENUNCE
Il primo a denunciare è stato il socio e amministratore della nota attività di ristorazione “La locanda”, al quale sarebbe stato intimato di consegnare periodicamente cifre per un “pensiero” ai detenuti. Successivamente l’imprenditore sarebbe stato pedinato in auto e poi raggiunto da Carmine Muto che con fare minaccioso gli avrebbe chiesto di soddisfare le richieste di “pizzo”. I due Ciampà sono accusati anche di estorsione ai titolari di Pentabloc. In più occasioni Giuseppe Ciampà si sarebbe presentato loro chiedendo “regali” per garantire “protezione”. I due Martino avrebbero costretto i soci di Metalgrond, a consegnare loro 1200 euro in contanti come rata estorsiva da versare in maniera continuativa. Somme inferiori, di circa 400 euro, sarebbero state imposte al titolare di una ditta individuale.
CUTRO, VITTIME RACKET E COMUNE PARTE CIVILE
Il gup distrettuale di Catanzaro Mario Santoemma ha respinto le eccezioni difensive degli avvocati Luigi Falcone, Mario Nigro e Gianni Russano contro le costituzioni di parte civile. In particolare, l’avvocato Barbuto, che ha quantificato in 500mila euro il danno d’immagine per il Comune, ha ricordato che dopo gli arresti si è mobilitata la città, scesa in piazza col sindaco in testa a sostegno dei denuncianti, per non farli sentire isolati. Un tema, quello del coraggio degli imprenditori, evidenziato anche dal loro legale, l’avvocato Vincenzo Ranieri. Gli imputati hanno scelto il rito abbreviato. Il processo proseguirà il prossimo 7 maggio.
L’INCHIESTA
L’input agli inquirenti lo hanno fornito le vittime del racket. Le intercettazioni e le videoriprese eseguite dagli investigatori avrebbero poi confermato che componenti delle famiglie Ciampà e Martino, riconducibili alle più blasonate e tra loro rivali cosche di ‘ndrangheta dei Dragone e dei Grande Aracri, erano impegnati in un più ampio disegno estorsivo per rafforzare la loro egemonia mafiosa sul territorio.
L’inchiesta attesta che si erano rimesse all’opera fazioni criminali fino a qualche anno fa in guerra, spartendosi il territorio forse con un tacito accordo. Giuseppe Ciampà è un nipote storico del boss Dragone ed ha scontato una lunga pena per l’uccisione di Salvatore Blasco, ordita dal vecchio boss, poi assassinato, per vendicare la morte del figlio Raffaele. La guerra negli anni di piombo era contro il rivale Nicolino Grande Aracri, che successivamente sarebbe stato condannato all’ergastolo anche per l’uccisione del boss Dragone. I due Martino sono figli di Vito, storico componente del gruppo di fuoco di Grande Aracri.
Qualcosa, però, sta cambiando. Il coraggio produce cambiamento.
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