Un incidente stradale in Calabria
4 minuti per la letturaOGNI giorno in Italia muoiono 8 persone a causa di un incidente stradale. In Calabria in base ai dati dell’ultimo anno disponibile (il 2019) si sono verificati 2.079 incidenti stradali che hanno causato la morte di 61 persone e il ferimento di altre 3.264. Domenica scorsa, a guardare le cronache delle ultime ore, nei pressi di Sibari sono morte due persone sul vecchio tracciato della statale jonica che si collega alla 106 bis. Solo negli ultimi tre mesi sulla 106 jonica (non per niente denominata strada della morte, in 25 anni sono morte 700 persone) hanno perso la vita 9 persone.
«Con tutto il rispetto per quello quello che sta succedendo in Ucraina e in tutti i paesi colpiti da conflitti, questi numeri sembrano un bollettino di guerra». A parlare è Piergiorgio Assumma, avvocato e presidente dell’Osservatorio Nazionale per la tutela delle vittime di omicidio stradale (Onvos). L’avvocato parla della strage quotidiana che avviene sulle nostre strade. «Il numero dei morti – dice – è sceso solo durante il periodo di lockdown. In quel caso circolavano meno macchine e meno persone e quindi il dato statistico non è soddisfacente».
In Calabria le condizioni delle arterie non aiutano ad arginare un fenomeno e si associano a tutte le altre cause di incidenti stradali mortali. «Abbiamo strade vetuste – spiega Assumma – che sono state realizzate con criteri degli anni sessanta. Ma oggi i punti di riferimento della progettazione devono essere altri. Una Fiat 500 degli anni sessanta non può essere paragonabile alle vetture di oggi. Le strade devono adeguarsi alla nuova tecnologia. La manutenzione è molto rara, lo vediamo con le buche non riparate ma anche con la segnaletica rotta. Da una parte non ci sono i soldi per fare gli interventi ma dall’altra c’è anche tanto lassismo».
Quando Assumma parla di strage silenziosa sulle strade si riferisce al ruolo delle istituzioni che dovrebbe migliorare dal punto di vista del controllo e nella sensibilizzazione. «La sensibilizzazione – dice – deve partire dalla scuola. L’educazione stradale è il primo passo, deve entrare a far parte della nostra cultura. Imparare le regole della circolazione stradale anche da minorenni: molti girano già in bici, in motorino e con le macchinine elettriche». Un altro elemento importante, che dall’Osservatorio nazionale viene avvertito come un problema, è la mancanza di corsi di aggiornamento per chi ha già la patente «da noi non si fanno, eppure rispetto a chi ha preso la patente da un po’ di anni ci sono delle regole che sono cambiate. Pensiamo alla rotatoria alla francese dove è chi entra che ha la precedenza. In tanti spesso sono confusi. Le rotatorie e gli incroci sono causa di molti incidenti».
Per non parlare poi di tutti quegli incidenti causati da distrazione e assunzione di alcol e sostanze stupefacenti. Basta la legge sull’omicidio stradale a fare da deterrente? «La legge non può essere un deterrente – dice Assumma – il legislatore ha lavorato in questa direzione come risposta a un fenomeno dilagante. Ma per fermare il fenomeno serve una cultura di prevenzione». Per Assumma non è possibile che le forze dell’ordine possano fare controlli a tappeto «il problema è di educazione sociale. Io devo sapere che non posso mettermi alla guida dopo aver bevuto. Bisogna fa capire alle persone che andare in macchina non è un gioco. Bisogna essere coscienti che l’uso del cellulare alla guida e l’inevitabile distrazione sono una delle prime cause di incidenti stradali. Tre secondi di visualizzazione dello schermo del telefonino equivalgono a decine e decine di metri di buio stradale».
L’Onvos chiede anche la revisione delle legge sull’omicidio stradale «Sarebbe anche importante nel caso di omicidio stradale richiedere la perizia informatica del cellulare in modo da verificare se l’automobilista al momento dell’incidente inviava messaggi su whatsapp o metteva un like su Facebook. E poi introdurre il prelievo coattivo del sangue, che cristallizzerebbe lo stato di alterazione psicofisica al volante per l’uso di droga o alcol. L’attuale prelievo, solo sanitario, non ha copertura a livello processuale e spesso diventa una prova non utilizzabile».
Da Assumma alle istituzioni l’appello a migliorare la rete stradale e a mettere in campo campagne di sensibilizzazione, formazione e sponsorizzazioni per chiedere alle persone di non mettersi in macchina in situazioni non ottimali.
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