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Intervista a Franco Aceto, presidente Coldiretti Calabria, su carenza d’acqua e la paura degli agricoltori sull’avvio delle prossime coltivazioni

ALTE temperature che non accennano a diminuire, totale assenza di piogge e il miraggio invernale della neve: l’allarme siccità sta mettendo in ginocchio, come in altre regioni d’Italia, anche l’agricoltura calabrese. Niente riserva idrica naturale, laghi a secco, con la conseguente impossibilità di attingere sia per l’uso potabile che per quello agricolo. E dopo le previsioni degli ultimi giorni che vedono, tra qualche settimana, un Sud quasi totalmente a rischio, «molti agricoltori non sanno più se conviene avviare e investire sulle prossime coltivazioni». È quanto ci riferisce Franco Aceto, presidente Coldiretti Calabria, raggiunto telefonicamente ieri pomeriggio per fare il punto della mancanza d’acqua.

Presidente Aceto, quali sono i settori più sofferenti per la mancanza d’acqua?

«I comparti maggiormente colpiti sono quelli dell’ortofrutta. Per quanto riguarda le coltivazioni orticole, quest’anno si hanno produzioni con perdite che si attestano addirittura attorno al 70%. Anche il settore olivicolo inizia a risentirne. Si iniziano ad avere problemi anche in alcune aree del settore zootecnico, soprattutto nelle zone del Crotonese: le falde si sono abbassate e dai pozzi non si riesce più a tirare l’acqua necessaria per abbeverare gli animali in stalla. Non siamo ancora per fortuna ai livelli della Sicilia, ma i disagi sono notevoli».

La Sorical, tra i vari problemi che contribuiscono alla carenza di acqua, ha parlato anche dell’utilizzo improprio in agricoltura su alcuni territori: Aceto cosa ne pensa?

«Ma guardi, qui non dobbiamo fare la guerra tra poveri. C’è una legge ben precisa che stabilisce anche le priorità di utilizzo della risorsa idrica che deve essere utilizzata prima per uso potabile, poi per uso agricolo e, infine, per uso industriale. Il problema è che in Calabria, molta della nostra risorsa idrica – che poi è ciò che crea problemi al settore agricolo – è destinato all’utilizzo idroelettrico. In Sila, sul versante del crotonese, molta acqua viene usata per la produzione di energia elettrica. Poi l’impianto è fatto male. Perché quest’acqua, una volta turbinata nell’ultimo processo di produzione, se ne va direttamente a mare. Quindi Sorical farebbe meglio a guardare gli utilizzi impropri dell’acqua che creano problemi sia al potabile che all’agricoltura. L’agricoltura viene sicuramente dopo l’uso potabile, ma è comunque un bisogno primario. Sicuramente, però, non possiamo prediligere l’uso industriale: è quello che stride oggi in Calabria».

Come vi state muovendo come Coldiretti?

«Noi da anni abbiamo presentato al governo centrale una proposta per indirizzare investimenti in infrastrutture per la realizzazione di invasi necessari a trattenere acqua piovana. Pensi che attualmente riusciamo a trattenere negli invasi appena l’11%. Questo perché, con i cambiamenti climatici in corso, oggi le piogge non sono equilibrate. Arrivano quelle bombe d’acqua in pochi minuti, in un’ora precipita un quantitativo che invece, dieci anni fa, precipitava nell’arco di 20 giorni, un mese. L’acqua aveva tutto il tempo per poter filtrare nei terreni e rimpinguare le falde. Se noi riusciamo quindi a realizzare in ogni località una serie di piccoli invasi dove queste acque possono essere trattenute per poi essere rilasciate nel momento in cui servono, allora magari quell’11% si può portare ad un 30-40%. Poi abbiamo proposto alla Regione Calabria di fare pressioni, attraverso un’attività di sensibilizzazione, per modificare gli accordi che sono stati stipulati con alcune multinazionali, le quali hanno il diritto di utilizzo idrico dei laghi della Sila. Ad esempio quella con l’A2A che deriva da una convenzione stipulata negli anni ‘60. Dagli anni ‘60 ad oggi il mondo è cambiato. Le esigenze della società civile sono cambiate, così come quelle dell’agricoltura. Non possiamo continuare ad avere un rapporto con queste aziende secondo una visione della realtà fotografata al 1960. E va regolamentata questa convenzione tenendo conto delle priorità di cui ho parlato prima. Società civile, agricoltura e poi – se ne resta – produzione idroelettrica. Non il contrario».

E sulle previsioni delle prossime settimane?

«Purtroppo nessuno ha la sfera magica, speriamo arrivi qualche precipitazione a rimpinguare le nostre riserve. Sicuramente i quantitativi che abbiamo oggi nei laghi non danno una prospettiva molto felice, tant’è che molti agricoltori chiedono se avviare determinate coltivazioni. Ad esempio, nel crotonese, gli agricoltori non sanno se possono procedere a comprare le piantine per coltivare il finocchio. E queste sono domande alle quali bisogna rispondere oggi. Questo ci deve far riflettere affinché si inizino a mettere in campo dei seri rimedi, delle soluzioni infrastrutturali per il futuro. Va aumentata la riserva idrica, vanno migliorate le reti di distribuzione: molta acqua si perde perché abbiamo a che fare con delle reti ormai vetuste e datate di oltre 50 anni. Un monito su questo dobbiamo lanciarlo anche alla politica. La politica che abbiamo avuto negli anni precedenti probabilmente ha sottovalutato il problema. Anzi, togliamo il “probabilmente”. Per molti anni gli stessi Consorzi di bonifica non sono stati adeguatamente attenzionati. Dovevano essere maggiormente sostenuti. Non solo per una manutenzione ordinaria, ma soprattutto per le straordinarie, cercando di mantenere le reti di distribuzione in totale efficienza. E credo che neanche a Sorical sfugga l’evidenza che molte delle reti oggi sono un colabrodo e “fanno acqua da tutte le parti”».

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