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Un dipendente Arpacal mentre effettua dei prelievi su un depuratore

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COSENZA – Un fiume di denaro sta per essere investito dalla Regione per salvare il nostro mare. Una scelta che non può che essere condivisa se davvero la Calabria vuole vivere di turismo.

Così la Regione ha stretto una convenzione con la stazione zoologica marittima Dohrn di Amendolara per 1,3 milioni di euro, ha chiesto controlli più serrati alle Procure contro i reati ambientali e poi c’è l’Arpacal, ente strumentale della Regione che ha proprio nella tutela dell’ambiente la propria mission.

Ieri (LEGGI) abbiamo scritto dell’avviso pubblicato, nonostante sia giugno, dall’Arpacal per cercare otto professionisti un “per il conferimento di 8 incarichi individuali, con contratto di lavoro autonomo, per il rafforzamento della rete per il monitoraggio ambientale dei corpi idrici della Calabria”. Leggendo l’avviso si scopre che le figure richieste sono un “Supervisione, coordinamento e verifica del corretto svolgimento delle attività di campo” con contratto di 18 mesi e un compenso lordo di euro 79.920,00.

Seconda figura richiesta un “Supervisore delle determinazioni analitiche chimiche di laboratorio e controllo della coerenza e congruità dei dati” sempre per 18 mesi e sempre per euro 79.920,00.

Dopodiché l’Arpacal cerca: 1 geologo, 1 chimico, 1 informatico, 1 ingegnere ambientale, 1 biologo, 1 economista, sempre per un periodo di 18 mesi e con stesse condizioni contrattuali ma per la cifra di euro 49.500,00. Insomma tutto compreso la spesa prevista si aggira intorno ai 278mila euro.

Ma per fare cosa? Nella delibera dell’Arpacal si legge “in attuazione della delibera n. 215 del 30/05/2022”. La delibera in questione parla di un Piano regionale di Tutela delle Acque attraverso una Convenzione che vale oltre due milioni di euro, finalizzata all’espletamento di attività di censimento e monitoraggio di tutti i corpi idrici regionali e del loro stato di qualità.

Il problema però è quanto scrive l’Arpacal nello stesso avviso di selezione. A proposito di marine strategy scrivono testualmente che nel monitoraggio 2016-2019 (tre anni quindi) sulle macrofite sono stati effettuate solo 23 determinazioni sulle 221 previste, sulle macroalghe solo 7 determinazioni sulle 67 previste e sulla posidonia solo 9 sulle 67 previste. Per l’analisi dei molluschi, invece, scrivono testualmente nell’avviso, che non è stato effettuato nessun campionamento in nessuna stazione.

Praticamente una sorta di autodenuncia ovvero che sul fronte della strategia di tutela del mare in tre anni è stato fatto poco o nulla. Non sappiamo se per carenza di risorse finanziarie o per carenza di risorse umane. La speranza quindi è che l’ingresso di questi nuovi otto professionisti darà il via ad una nuova stagione di controlli serrati.

Ma la domanda da porsi è come si concilia questa attività con quella della stazione Dohrn. Da Amendolara dicono che le strutture stanno provando ad operare in sinergia, al punto che è stata creata una cabina di regia per evitare sovrapposizioni. Anche nelle indagini dei carabinieri su queste tematiche sia Arpacal sia Dohrn mandano i loro esperti a supporto dei carabinieri.

La stazione Dohrn poi fornisce una serie di attrezzature che l’Arpacal non ha o che non sa utilizzare. Ci riferiamo alla nave oceanografica, ai Rov e una serie di strumenti davvero all’avanguardia. Va infatti ricordato che la stazione marittima non è un’associazione privata ma un ente di ricerca riconosciuto dal Miur, che è nella top ten mondiale, cosa rarissima fra gli istituti di ricerca italiana, della ricerca sul mare.

Fra l’altro i quattrini investiti dalla Regione non sono nessuna forma di retribuzione, ma sono una sorta di plafond per rimborso spese. Basti pensare che un semplice analisi delle diossine costa intorno ai 250 euro. Mettere in mare la nave 24 ore può arrivare a costare anche 5000 euro.

Insomma questi soldi dovrebbero servire per coprire le spese vive e per dare un’accelerata al campionamento delle acque marine che da troppo tempo sconta pesantissimi ritardi. Il punto è ben specificato nella convenzione all’art. 4 laddove si legge che “non configurandosi alcun pagamento a titolo di corrispettivo, l’onere finanziario del presente atto rappresenta un mero ristoro delle spese sostenute”.

D’altronde di certo la stazione non ha bisogno di finanziamenti visto che il coordinatore scientifico, Silvio Greco, ha ottenuto uno stanziamento di 15 milioni di euro per le attività di ricerca. Il tempo ci dirà come si conciliano tutte queste convenzioni sul piano operativo e quando arriveranno i risultati. La speranza è che mentre tutti questi professionisti studiano, il nostro mare non muoia definitivamente.

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Fabio Grandinetti

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